La Valle del Chiese promette bene per espandere la viticoltura
Il reddito (dati Ferrari) va dai 10.000 ai 12.000 euro all’ettaro di produzione.
Un pienone così non se lo aspettavano di certo nemmeno gli organizzatori: la sala di Agri 90, che tiene 150 posti, era gremita. A parlare delle prospettive della viticoltura del Chiese c’era un vero parterre de roi: Bruno Lutterotti (presidente Cavit e Toblino), Andrea Fustini (tecnico Cavit), Marino Gobber (Fondazione Edmund Mach) e Luca Pedron (Cantine Ferrari). Prima delle prospettive la fotografia. Un po’ sbiadita, in verità. Se nelle Giudicarie Esteriori (parola di Gobber) si è passati da 3 ettari del 1997 a 60 di oggi, nel Chiese, a dispetto delle speranze, non si è mosso granché rispetto a 30 anni fa: eppure una tradizione vinicola (sia pure per autoconsumo) c’è. Nel 2014 sono stati conferiti a Toblino 400 quintali di uve chardonnay, 250 di müller thurgau, una trentina di kerner e poco altro. A Ferrari 75 quintali da 12 vigneti di chardonnay.
E le prospettive? Ci sono zone interessanti per lo sviluppo: Praso, Bersone, Daone (terreni in pendenza, 600-700 metri, esposizione sud-est, un buon numero di ore di luce); Condino (400 metri, pianeggiante, con molta meno luce). A Storo (monitorato insieme a Terlago e Sarche) c’è una temperatura media più bassa, con le minime superiori, le massime inferiori ed una piovosità maggiore fra aprile e settembre rispetto alle altre due stazioni.
Possibilità di nuovi impianti? Sì, purché si faccia una lotta serrata alla flavescenza dorata, che è all’attacco principalmente nella parte bassa della valle fra Lodrone e Cimego. A testimoniarlo ci sono addirittura 150 ingiunzioni di estirpo di vigne negli ultimi cinque anni da parte degli uffici competenti provinciali. L’espansione viene vista soprattutto in zone di pendio nella pieve di Bono, dove tuttavia si evidenziano due problemi: parcellizzazione estrema delle proprietà terriere e mancanza di agricoltori (e scusate se è poco). Altre zone interessanti: Cimego, Condino (intorno alla Pieve), Darzo e le zone più vicine al paese di Storo. Quanto alle varietà, falliti gli esperimenti del 1988 con riesling renano, traminer, pinot grigio e nero, preferenza per i bianchi, ed in particolare chardonnay, müller e kerner. Preferenza assoluta per lo chardonnay, base per gli spumanti Trento doc. Su questo c’è concordanza fra Lutterotti e Pedron, ossia Cavit, Toblino e Ferrari.
Ferve il dibattito. Se Stefano Poletti (Comune di Storo) e Franco Bazzoli (Bim del Chiese) offrono consenso e collaborazione, Claudio Luchini (Associazione Culturnova) si fa carico delle preoccupazioni sul futuro: quale strada percorrere? Chardonnay per spumanti o vigne resistenti? Autoconsumo o conferimento alle cantine? I relatori, naturalmente, non entrano nel merito. Fustini e Pedron si limitano a garantire che le loro cantine hanno piattaforme tecnologiche e agronomi a disposizione per seguire i produttori. Lutterotti avverte: «Non siamo qui per colonizzare o per fare nuovi clienti, ma per informarvi che chi volesse iniziare un’attività avrà alle spalle strutture che possono dare un giudizio di fattibilità, senza muri ideologici».
Se può interessare, il reddito (dati Ferrari) va dai 10.000 ai 12.000 euro all’ettaro di produzione. Alla salute!