Fiavé, camp al maniero

 A Castel Campo si sono salutati con un pizzico di emozione dopo una settimana intensa le tre padrone di casa - le sorelle Rasini, Sophie, Olli e Thea - e i loro ospiti molto speciali: i ragazzi, tutti provenienti dalla Romania, affetti da emofilia, artrite giovanile e malattie oncologiche, oltre al personale medico e ai loro accompagnatori, che hanno trascorso un periodo ospiti nel maniero giudicariese. Tutti assieme hanno dato vita alla seconda edizione del progetto «Camp Ray of Hope: Italian Adventure» (Campo Raggio di Speranza: Avventura in Italia): ventisei adolescenti e sette, tra medici, infermieri ed accompagnatori, hanno passato una settimana di vacanza e cura al Castello, cosa tutt’altro che semplice per chi è affetto da queste patologie. «Sono ragazzi molto maturi - spiega Sofia Rasini - realizzano pensieri, a causa delle loro malattie e a quello che esse li hanno già messi di fronte, che non sono comuni per la loro età. Si aiutano moltissimo, grande in loro è il senso della gioia di stare assieme e la consapevolezza dell’aiuto vicendevole, hanno tanta voglia di fare e qui possono dedicarsi ad attività che sono normalmente precluse loro». 
 
Stanno preparando una rappresentazione teatrale, il giovane Mihai, già coi vestiti di scena, si avvicina: «Vengo in italia dal 2008 - racconta - ed è stato un dono per la mia infanzia, qui mi sento come una persona normale e non devo pensare che l’emofilia mi tenga un passo indietro nella vita». Vlad ha diciassette anni, due intelligenti occhioni nocciola e vive a Bucarest dove deve essere un bravo studente a giudicare dal suo inglese quasi perfetto. Vive con i nonni e assieme convivono con la malattia, punta al college e sogna di diventare un game tester: «Non posso fare tante attività per via della mia malattia - spiega, pragmatico nei progetti per il futuro - quindi gioco un sacco e sono un vero esperto». Della sua visita al castello dice: «Adoro la vista, la natura. Ieri notte ho visto le costellazioni ed è stato meraviglioso. Anche fare i panini all’aperto è stato bellissimo». Sofia che lo ascolta poco più in là, ride alla storia dei panini, d’altronde è il vivere quotidiano l’ostacolo che superano questi giovani al Camp Ray of Hope: per molti di loro, il viaggio è un’occasione unica per variare giorni scanditi da continue viste mediche e soggiorni in ospedale e situazioni famigliari spesso difficili. 
 
«La quotidianità per loro è una sfida continua - spiega il dottor Horatiu Vulturl che li assiste - anche un trauma minimo può essere loro fatale quindi una partitella di calcio è un pericolo reale». Invece, al campo, i ragazzi sono coinvolti in un programma dove possono provare esperienze nuove - dal lago di Tenno ad una visita a Trento, perfino una giornata il parco avventura di maso Limarò e una notte in tenda - e fare amicizia con coetanei che condividono con loro l’esperienza della malattia per lavorare, giocando, su autostima, consapevolezza, serenità. Luoghi e giochi bellissimi, ma anche una semplice partita di calcio o una lunga passeggiata rilassante sono esperienza rare per questi ragazzi perché possono diventare improvvisamente drammi nella vita di chi è affetto da forme gravi di una malattia come l’emofilia nella quale anche una botta o una ferita lieve possono provocare emorragie interne. 
 
Il progetto, ospitato a Castel Campo dalla famiglia Rasini, è sostenuto dalla «Fondazione Deutsche Post», dall’americana «Kleh Family Foundation» ma anche dal contributo di tante persone che hanno inviato piccole donazioni.

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