Cucina in Lombardia, sala in Trentino: a Ponte Caffaro lo strano caso della casa divisa in due dal confine
“Il confine? Una linea immaginaria fra due nazioni che separa i diritti immaginari dell’una dai diritti immaginari dell’altra”. Così scrive il saggio. I diritti sono immaginari, mentre i doveri... “Quelli sono concreti. E pure stravaganti”.
Così la pensano E. M. e i suoi parenti. “Ma no, niente nomi: non abbiamo bisogno di pubblicità”, si schermiscono.
Fino a 102 anni fa quel confine era fra due nazioni; oggi è fra due regioni. Ma i problemi non si cancellano. Siamo a Ponte Caffaro in via Campini, la strada che separa Trentino e Bresciano; più in piccolo i Comuni di Storo e Bagolino. A poche centinaia di passi c’è il ponte storico del 1906 che non sopporta più i pesi troppo forti e per questo è stato affiancato da un ponte nuovo, che di pesi non ne ha sopportati finora nemmeno uno, essendo chiuso da tre anni, ossia dalla nascita.
Via Campini corre per un bel tratto a fianco del torrente Caffaro, che segna il confine. Sul lato sud della strada si è in Lombardia, sul lato nord in Trentino... Eh no, troppo semplice. Il confine serpeggia, secondo bizzarrie antiche, così può accadere che una casa abbia il garage in Trentino e la camera da letto in Lombardia.
“Peggio”, ammonisce il nostro interlocutore, che oggi sorride, ma fino a qualche tempo fa ha dovuto combattere contro regole astruse, invocando un buonsenso che non c’è. Oggi può scherzare: “Siamo in attesa della liberalizzazione fra regioni per poter mangiare”. In che senso? “Nel senso che il cucinino della nostra casa è in Lombardia, mentre il tavolo della sala da pranzo è in provincia di Trento. Meno male che le forze dell’ordine non hanno mai fatto un posto di blocco!”.
Certo, si può scherzare, ma i familiari di E. M. (e con loro gli altri inquilini degli appartamenti superiori) hanno dovuto pelare più di una gatta.
Tutto nasce dai tempi in cui si facevano le cose alla buona. Che non è detto fossero “alla giusta”, ma il mondo andava così. E bisogna dirlo, andava senza tante complicazioni.
Il nonno dell’attuale proprietaria lavorava alla Caffaro, la società che qua ha una centrale idroelettrica, e per hobby costruiva le ruote dei carri.
Costruì anche la casa, su terreno del comune di Bagolino. Ad un certo punto si accorse che era piccola. Parlò con il geometra che (sia detto ad una cinquantina di anni di distanza, forse qualcuno in meno) era un po’ il boss del paese, il quale lo tranquillizzò: “Ma sì, costruisci”. E lui costruì, a nord, dov’era possibile. Si allargò in Trentino, e non pensava alle conseguenze.
Ai guai. Sì, ai guai che sarebbero arrivati anni dopo.
A chi paghi l’Imu? Si deve pagare il 20% ad un comune e l’80% all’altro? E i rifiuti? Perché il mondo, diciamolo, è complicato. In due regioni confinanti i regimi sono diversi. Tanto per capirci, in una provincia si fa la raccolta differenziata, nell’altra sono ancora indietro. Per non parlare dell’energia elettrica.
Una famiglia di inquilini risulta residente a Storo, dove sono tutti soci del Consorzio Elettrico. Ma qui no: qui bisogna rapportarsi con la A2A...
“E’ come rapportarsi con l’Onu”, ci dicono esasperati, e magari con un pizzico di esagerazione, i diretti interessati.
Come si può capire, una baraonda. Anche perché fra uffici mica è facile andare d’accordo. Ognuno ha la sua normativa, che deve essere rispettata. “Ad un certo punto” racconta il proprietario dello stabile “abbiamo avuto un lungo rapporto con l’Agenzia delle entrate e abbiamo scoperto l’esistenza del difensore dei contribuenti. Siamo venuti a capo del disastro convocando i due sindaci di Storo e Bagolino.
Finalmente abbiamo visto la luce in fondo al tunnel”. Altri tempi quando si andava alla buona!