Storo punta sulla farina di grano: «Ma se poi i panificatori locali non la comprano...»
In rotazione con il mais, la produzione è aumentata anno dopo anno, ma la farina del Chiese non viene utilizzata come si potrebbe: «Molti preferiscono quella meno cara, magari estera»
STORO. Farina bianca del Chiese: in pochi anni è diventata una realtà significativa, anche se non mancano le criticità. Si partì cinque anni fa con le prime semine di frumento, da affiancare (nella logica della rotazione) al granoturco: il famoso grano nostrano di Storo, che in una trentina d'anni si è fatto largo a gomitate nel mercato italiano con il vestito della farina gialla.
Ora la Cooperativa Agri 90 sta affrontando un investimento milionario per creare un mulino apposta accanto a quelli usati finora: la farina gialla e la farina bianca hanno bisogno di modalità diverse di lavorazione, perché la gialla è priva di glutine, perciò non si può mescolare con l'altra.
Cinque anni fa, si diceva, la Cooperativa decise di imboccare la strada del frumento nella logica della rotazione. La quale ha un'esistenza molto più lunga. Nei primi anni del terzo millennio, infatti, fu firmato l'accordo fra le due Cooperative agricole più significative delle Giudicarie, Agri 90 (sede a Storo, valle del Chiese) e CO.P.A.G. (sede a Dasindo, Giudicarie Esteriori), con lo scambio di coltivazioni: granoturco nel Bleggio e dintorni, patate nella piana di Storo. La motivazione stava nella lotta alla diabrotica, l'insetto arrivato dall'America, ghiotto di radici del granoturco. La rotazione si affiancava ai trattamenti biologici.
Cinque, su impulso di Pietro Giovanelli (che oltre ad essere amministratore di Agri 90 è pure tecnico della Fondazione Mach) si aggiunse il frumento. E con il frumento, naturalmente, iniziò la produzione di farina bianca. Partita in sordina, l'anno scorso (in occasione del primo confinamento) ebbe un improvviso boom, dovuto alla moda (o necessità, chiamatela come volete) di farsi pane, pasta e torte in casa.
Nel frattempo la coltivazione del frumento è aumentata, convincendo la Cooperativa (come si diceva) a realizzare il mulino, evitando i costi rappresentati dalla molitura all'esterno.
Da quando la farina bianca di Agri 90 è stata messa sul mercato è iniziata una campagna promozionale verso le grandi catene di distribuzione, ma soprattutto verso i panificatori trentini. Il bilancio tracciato dal presidente della Cooperativa Vigilio Giovanelli è a luci e ombre. «Perché, al di là dei buoni propositi - commenta Giovanelli, che certamente ama parlar chiaro - molti preferiscono comperare farine provenienti da fuori provincia e talvolta addirittura dall'estero, perché costano meno, a scapito della qualità».
«Vede? - spiega il direttore Arturo Donati - quando siamo partiti con il progetto farina bianca, hanno aderito ventiquattro panificatori. All'atto pratico, si sono ridotti a meno di una decina. Fra loro ci sono dei piccoli panifici, e tre di grandi dimensioni con particolare fedeltà, che superano o arrivano molto vicini ai cento quintali: Sosi di Trento, Tecchioli della Valle dei Laghi e Panificio Moderno di Rovereto. Per il resto siamo alle piccole quantità».
«Peraltro - aggiunge Vigilio Giovanelli - anche i piccoli panifici potrebbero acquistare di più. Quando vai dal quintale ai cinque o sei in un anno... Per non parlare dei produttori più grossi come la Pistoria della val Rendena (del presidente provinciale dei panificatori, ndr) da cui ci aspetteremmo di più».
«Ciò che brucia - è la battuta finale di Donati - è la differenza fra i propositi e i comportamenti».