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La missione di don Tino Malcotti: «Formo agronomi in Ciad»

Dall'otto per mille alla Chiesa cattolica la Conferenza episcopale ha staccato l'assegno (alcune centinaia di migliaia di euro) per il progetto cui il missionario storese tiene da anni. «I soldi sono appena arrivati, perciò abbiamo cominciato adesso a costruire»

STORO. Venticinque anni di sacerdozio, più di metà dei quali passati in Ciad, repubblica africana, terra di savana resa orfana di alberi, rimpiazzati da arachidi e soprattutto dal miglio, il cibo base per gli affamati abitanti. È lontana quella domenica di ottobre del 2011, quando don Tino Malcotti, nella chiesa arcipretale di Storo gremita per l'occasione, annunciò che «finalmente» aveva ricevuto il via libera dal vescovo per andare in missione.

Anche domenica scorsa la chiesa era gremita per celebrare il quarto di secolo di sacerdozio. E don Tino ha riacquistato l'entusiasmo, perché nella sua missione c'è un sacco di cose da fare.

E ora c'è un progetto. Dall'otto per mille alla Chiesa cattolica la Conferenza episcopale ha staccato l'assegno (alcune centinaia di migliaia di euro) per il progetto cui il missionario storese tiene da anni. «I soldi sono appena arrivati, perciò abbiamo cominciato adesso a costruire», racconta in risposta alle nostre domande.

E poi: «Il progetto prevede la ristorazione ambientale a partire dalla fertilizzazione del suolo, attraverso l'agro-foresteria e l'agricoltura di conservazione. Puntiamo sulla realizzazione di un centro di formazione per le comunità che vivono nei villaggi intorno al centro. Attenzione, la maggior parte della formazione non verrà fatta nel centro, ma nei villaggi secondo la metodologia delle 'scuole di campo'. Questo per evitare il rischio di formare le persone nel centro, che è una realtà protetta».

La spieghiamo meglio? «Nel centro i conflitti con gli agricoltori sono meno impattanti; in compenso quando il contadino torna nel suo campo si trova ad affrontare una realtà diversa». Don Tino la spiega con l'implicazione della comunità, «che è estremamente importante. Se uno dei metodi consiste nel lasciar crescere in una certa proporzione gli alberi, e poi magari nottetempo viene il tuo vicino a tagliarli per far legna, allora - sorride un po' amaro - il lavoro è subito finito». Per questo serve l'implicazione della comunità.

Allora che fate? «Noi formiamo e forniamo l'agronomo, che va nei campi in cui i contadini lavorano, fuori dal luogo protetto del centro di formazione».Metodologia coraggiosa, obiettiamo. «No, guardi, la metodologia del lavoro nel campo è conosciuta da trent'anni. Devo dire che pare essere quella che ha funzionato meglio».

Ciad. Poco più di undici milioni di abitanti per una superficie grande quattro volte l'Italia, in mezzo fra i diseredati: Libia, Camerun, Nigeria, Repubblica centro africana, Niger, Sudan. Povertà, fame, corruzione. Un paio di anni fa il dittatore Idris Bedi fu ammazzato. «Da qui - ci raccontava don Tino Malcotti qualche anno fa - non se ne vanno perché non hanno i soldi per scappare».

E la situazione di oggi? «Ci sono state le elezioni nel maggio scorso ed il figlio del presidente, che era presidente di transizione da due anni, è stato rieletto con il 70% dei voti. L'opposizione, naturalmente, grida ai brogli elettorali. Non sarò io a dare giudizi. Tutt'al più posso dire che vedendo la gente che partecipava agli incontri della forza di governo e dell'opposizione in campagna elettorale... forse il risultato non è proprio veritiero fino in fondo. Però bisogna dire che il capo dell'opposizione per il momento rimane tranquillo: non ha aizzato il popolo contro il governo».

Tonando alla situazione di don Tino, non può mancare la domanda: è al lavoro da solo o è affiancato da collaboratori? «Come missionario trentino sono da solo. Grazie al progetto - risponde don Tino - sarò affiancato da quattro agronomi e quattro operai in maniera stabile». Allora in bocca al lupo.

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