L'amico montanaro di Giovanni Paolo II
Domenica prossima è la giornata in cui si terrà la santificazione di due Papi: Giovanni Paolo II e Giovanni XIII. In questa intervista, Lino Zani racconta la sua amicizia con Papa Wojtyla . «Siamo andati insieme sull'Adamello. A Passo Lares chiese di poter stare da solo: scese in silenzio»
L'incontro tra «montanari», l'inizio di un'amicizia speciale che durerà vent'anni. Giovanni Paolo II e Lino Zani si incontrarono il 16 luglio 1984: il Santo Padre era salito sull'Adamello per una vacanza che sarebbe dovuta rimanere segreta e Zani, figlio dei gestori del rifugio «Caduti dell'Adamello alla Lobbia», gli fece da guida. Due giorni intensi, di sciate, passeggiate, preghiere, riflessioni. Zani andò spesso a trovare il papa a Roma e si fece complice delle sue fughe in incognito dalla capitale verso le piste dell'Abruzzo, con il segretario monsignor Stanislao e gli uomini della sicurezza al seguito. Ricordi ed emozioni di un'amicizia speciale sono narrati nel libro di Lino Zani «Era santo Era uomo», da cui è stato tratto il film «Non avere paura» di Andrea Porporati. Il film verrà trasmesso da Rai Uno domenica prossima, 27 aprile, giornata in cui Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII verranno proclamati santi.
In piazza San Pietro, alle 10 di domenica, ci sarà anche l'amico montanaro di papa Wojtyla.
Lino Zani, in occasione della canonizzazione di Giovanni Paolo II viene presentato ufficialmente anche il film ispirato al suo libro. Quanto del suo pensiero originario c'è nella produzione creata per piccolo schermo?
«C'è tanto. Sono stato coinvolto nella scenografia, come location manager per scegliere i posti. Ho voluto portare la troupe nei luoghi originari, sull'Adamello, sulla Lobbia alta. L'unico posto dove non abbiamo potuto girare è stato all'interno del rifugio, perché portare là 120 persone per quattro giorni sarebbe stato impossibile. Nel film gli interni stretti li abbiamo girati sopra Madonna di Campiglio, al rifugio Graffer. Del film ho seguito tutto, dalla regia al montaggio. I sentimenti rappresentati sono gli stessi del libro, i discorsi e le preghiere del papa sono originali».
A quando risalgono le riprese?
«All'intero mese di luglio dell'anno scorso, ma la preparazione è iniziata in primavera. Siamo andati sull'Adamello, in Presena, abbiamo ripreso le sciate sul ghiacciaio, poi la parte delle preghiere a Cresta Croce».
Nel film la sua parte è interpretata dall'attore Giorgio Pasotti. Ma lei compare in qualche scena?
Faccio la controfigura al Santo Padre che scia. E ho una piccola parte, diciamo un "cameo" nella scena in cui mio padre si confessa al papa sul gatto delle nevi: faccio l'autista del mezzo, perché l'attore non se la sentiva di guidare».
La visita di Giovanni Paolo II sull'Adamello sarebbe dovuta rimanere segreta. Cosa accadde?
«Tutto era pronto. Il papa assieme al suo seguito - sette persone - sarebbe rimasto ospite da noi al rifugio per tre giorni. Avevamo quattro stanze molto piccole con i letti a castello. Ne avevamo smontate due: in una era stato sistemato un lettino per il papa, mentre la stanza vicina era quella per monsignor Stanislao. In tutto tra l'entourage del papa, la mia famiglia ed i ragazzi che lavoravano al rifugio eravamo in 15-16. Ci siamo trovati a cena tutti attorno al tavolo. In quella giornata arrivò anche il presidente della repubblica Sandro Pertini, che diede la notizia».
Ci sono numerosi aneddoti legati all'incontro tra Pertini ed il Papa sull'Adamello.
«Sì. Innanzitutto fu lo stesso Pertini a comunicare al mondo che si trovava assieme al papa a sciare in Adamello. E per motivi di sicurezza, perché era impossibile presidiare tutto il territorio, la vacanza segreta che doveva durare tre giorni venne interrotta il giorno seguente. A mezzogiorno si fermarono tutti a mangiare al rifugio. Cucinava la mamma: la mia famiglia ha gestito il rifugio per 33 anni, fino al 2011. Pertini andò in cucina per vedere cosa ci fosse di buono. C'erano gli strozzapreti. Allora si rivolse al Santo Padre e disse: "Santità, oggi la facciamo fuori"».
Il papa apprezzò gli strozzapreti?
«Altroché, li mangiò volentieri. Poi assaggiò i nostri formaggi ed i dolci. C'erano le crostate».
Cosa la colpì di quei due giorni trascorsi assieme al papa?
«Il ricordo più bello risale al secondo giorno. Lo staff del presidente Pertini era partito e ci trovammo in pochi a sciare, a goderci l'Adamello. Eravamo stati a passo Lares, teatro della prima guerra mondiale. Raccontai la storia al Santo Padre, lui ci chiese di poter stare da solo. Era la prima volta che vedevo pregare con quell'intensità: era una giornata così bella e particolare, con il cielo blu e il sole che alle 10.30 era già alto e scaldava. Non c'era un filo d'aria. Camminavamo nella neve e ci sembrava di fare rumore. Ci fermammo tutti. Scese un silenzio incredibile, che ancora oggi ricordo. Un silenzio irreale. Il papa era un tutt'uno con la roccia, con il granito. Era rimasto lì per un'ora ma a noi erano sembrati pochi minuti».
Ma non solo in quei due giorni lei ha sciato con il papa. Quali altre occasioni ha avuto?
«Sull'Adamello era nata un'amicizia fra due montanari che si spogliano di tutto. Quasi non mi rendevo conto di avere di fronte il papa. Mi chiese di accompagnarlo nelle sue fughe segrete sulle piste dell'Abruzzo, ed io dissi di sì».
Come è possibile che un papa molto amato soprattutto dai giovani come Giovanni Paolo II riuscisse ad andare in montagna senza essere riconosciuto?
«Nessuno sapeva niente. Scappavamo da Roma su due auto. Con noi c'erano anche monsignor Stanislao e le persone della sicurezza. Partiva già vestito da montagna, mentre l'attrezzatura da sci la noleggiavamo sul posto. Pagavamo il biglietto e andavamo a sciare. Ci trovavamo 4-5 volte ogni inverno, fino al 1994 quando si infortunò al femore. Andavamo al Terminillo o a Campo Felice, in zone che si raggiungono con un'ora e mezza di strada da Roma. Si andava e tornava in giornata. Dopo un po', qualcuno lo aveva riconosciuto ma gli impiantisti hanno sempre mantenuto il segreto. Ma c'è un aneddoto curioso...»
Ci racconti.
«Noi sciavamo dalle 9 alle 14.30-15 poi ci fermavamo in una baita. La signora che ci preparava da mangiare un giorno si avvicinò a me e disse: "Le posso fare una domanda? Quel signore lì assomiglia tanto al Santo Padre". Non potevo confermare, ma successivamente in auto raccontai al papa l'accaduto. La volta successiva Giovanni Paolo II andò dalla signora e si presentò: lei ha sempre mantenuto il segreto».
Zani, ha avuto il privilegio di conoscere il lato umano del papa, la sua normalità pur nella grandezza della fede.
«Credo che la vera santità di Giovanni Paolo II sia stata la voglia di stare con tutte le persone, con tutta l'umanità».
Quando l'ha visto per l'ultima volta?
«Alla sua ultima udienza, il 26 gennaio 2005. Avevo portato mia sorella ed i miei nipoti. Mi tese le mani con grande fatica e mi disse: "Lino... il nostro Adamello". Domenica parteciperò alla canonizzazione per sentirlo vicino, come una volta».