Le ultime scoperte ai Campi Neri
Torna in primo piano il grande «santuario» dei Campi Neri, che gli archeologi ritengono sia stato teatro di cerimonie, con sacrifici e cortei, per un lungo arco di tempo. Frequentata dalla fine dell’Età del rame (dal 2500 a. C. circa) a tutta l’età romana (fine IV sec. d.C.), l’area ha restituito migliaia di reperti: i più significativi sono esposti al Museo Retico di Sanzeno.
La vasta area di culto torna questa sera - 24 giugno - in primo piano con la conferenza «Archeologia a Cles. La storia archeologica di Cles e gli ultimi rinvenimenti», nel corso della quale si parlerà anche delle ultime scoperte ai Campi Neri, con decine di reperti metallici venuti alla luce negli scavi del 2015.
L’appuntamento è a Palazzo Assessorile: alle 20.30 ne parlerà Lorenza Endrizzi, della Soprintendenza per i beni culturali (Ufficio beni archeologici), mentre Rosa Roncador, presidente di Alteritas Sezione Trentino, illustrerà il progetto di educazione al patrimonio culturale nato dall’intesa fra la Soprintendenza e l’Azienda pubblica di servizi alla persona Santa Maria di Cles (dove si trova l’area di più antica frequentazione del santuario).
«Ai Campi Neri, nel 2015 - ci spiega Lorenza Endrizzi - sono stati ritrovati contesti dell’età del Bronzo finale, XII, XI secolo a. C., e sono state scavate alcune ?fosse di combustione? - negli anni precedenti ne sono state scavate circa duecento - forni probabilmente usati per la cottura delle carni di animali sacrificati. Una di queste, di dimensioni maggiori, conteneva decine di reperti in metallo, al contrario delle altre che erano quasi sempre vuote, con una bella selezione di spilloni: ne abbiamo trovati circa ottanta nella stessa fossa. È la prima volta che queste fosse restituiscono materiali, si tratta di un deposito votivo e questo nuovo dato è molto interessante e si aggiunge a quelli precedenti».
Durante la conferenza verrà fatto il punto della situazione sull’area dei Campi Neri, ripercorrendo la storia delle ricerche. «È uno dei luoghi di culto più importanti delle Alpi orientali - osserva l’archeologa - per l’estensione cronologica e areale: abbiamo scavato oltre 7mila metri quadrati, ma l’area occupata dal santuario era molto più ampia. Interessantissimo, poi, questo circolo di pietre della fine dell’Età del rame, il recinto sacro trovato e mantenuto nell’area della casa di riposo. Poi le centinaia di reperti, quindi decisamente un sito straordinario».
Nel mese di luglio dovrebbe essere riaperto inoltre il cantiere di scavo di Vervò, a San Martino, dove dal 2008 al 2013 sono state condotte campagne archeologiche annuali. Il programma prevede la conclusione dell’indagine e il restauro delle strutture, valorizzando l’area e rendendola visitabile: Il sito va dalla fine dell’Età del Bronzo all’epoca bassomedievale: «Le strutture più importanti - spiega Endrizzi - sono della Seconda età del Ferro e di epoca tardoromana. La cosa eccezionale è il fatto che è stata trovata parte di una necropoli altomedievale che si ricollega alle sepolture scoperte nell’Ottocento».