Don Mauro e i nove anni di alta Val di Non "Lascio qui un pezzo di cuore"
Salutate le sue quindici parrocchie, don Mauro Leonardelli trascorre in famiglia, a Coredo, una ventina di giorni di riposo, prima di insediarsi, a inizio ottobre, nella sua nuova sede: a Trento, dove guiderà le parrocchie di Piedicastello, Cristo Re, Solteri, Roncafort e Vela, area popolata da circa 18 mila anime. Per la sua ultima messa in alta Val di Non, centinaia di persone a salutarlo. Un momento emozionante, a conclusione di 9 anni di impegno. Qui in valle lascerà un pezzo di cuore… «Un pezzo di cuore, sicuro. Andarmene mi dispiace, per i tantissimi legami, le molte storie. D’altra parte è una nuova opportunità. Ci sarà un momento di assestamento, e so che chi mi succede (don Carlo Crepaz) è un’ottima persona, oltre che un bravo sacerdote».
Ha già preso contatti con la nuova realtà?
«Ho avuto un incontro con i sacerdoti ed i consigli pastorali. Non credo sia il caso di presentarsi con un progetto, lo si costruirà insieme. So di poter contare su dei validi collaboratori, in particolare su don Francesco Viganò, ordinato a giugno, impegnato anche nella pastorale giovanile della città, e con gli adolescenti per la diocesi».
Quando è arrivato in Val di Non aveva incarico su 5 parrocchie. Avrebbe mai pensato di arrivare a 15?
«No. Ero stato parroco a Giovo, cinque pensavo bastassero. Ma come sempre succede si è partiti con un progetto, poi è stato stravolto. D’altronde ce lo insegna il nuovo vescovo: è la realtà che ci guida, più che le idee».
Cosa l’ha colpita di più, in questi nove anni?
«Tante esperienze. Il lavoro svolto con i ragazzi. Le esperienze con gli ammalati, con cui si sono condivisi sofferenze e difficoltà. Ci si fa compagni di viaggio, ci si rende conto di non essere onnipotenti, di poter solamente partecipare al dolore, ponendoti le stesse domande che si pongono loro».
Il lavoro con i giovani, tra Grest e associazione «La Storia Siamo Noi», è stato molto apprezzato. Pensa di esportare quelle esperienze a Trento?
«Prima bisogna vedere cosa c’è. Non sempre una cosa funziona, in un luogo diverso. Bisogna costruire insieme. Di una cosa sono certo: la realtà della città è sicuramente diversa, ma anche in città vivono persone, e le persone sono tali ovunque. Magari sarà più difficile, ci saranno dinamiche diverse. Dove vado c’è già un gruppo, si parte da lì e si costruirà strada facendo».
Dalle valli alla città. Prossimo passo, diventare vescovo?
«No! Vescovi ce ne sono abbastanza. Ci sono tante persone più brave… E poi non ho commesso peccati tanto gravi da meritarmi una simile penitenza.
Preferisce rimanere un prete di strada. Un po’ alla don Milani.
«Sì».
Hanno persino ipotizzato (ironicamente) una sua candidatura a sindaco, per unire l’alta valle di Non, molto divisa.
«Per carità, non se ne parla. Però posso dire una cosa: anche se si sono tensioni, sono certo che nel medio termine si aggiusteranno. E spesso la gente è più avanti…».
Uno dei motivi per cui è stato apprezzato è per le sue prediche. Brevi, anzi concise, ma che lasciano sempre un messaggio chiaro, che ti porti a casa e su cui puoi riflettere.
«Ho avuto due bravissimi maestri, don Gino Rizzardi e don Ezio Marinconz. Mi hanno insegnato che per una buona predica servono tre cose. Aver qualcosa da dire, dirlo, e concludere».
Don Mauro Leonardelli si gode questi giorni di vacanza, con i suoi familiari. Mica stia a far niente: solo gli squilli del suo cellulare – chiamate dalle sue ex quindici parrocchie dell’alta valle - testimoniano che, a parte la presenza fisica, lui è ancora lì. Vicino al centro d’ascolto che aiuta famiglie in difficoltà, alle associazioni, alle sue «pecorelle». Anche per motivi banali, tipo il rifornimento di carburante in una chiesa. Lì, come detto, lascia un pezzo di cuore, ed un consistente frammento di vita. Ora lo attende l’avventura cittadina.
«Non avevo mai pensato di essere messo a servizio in una città». Ma il buon monsignor Lauro Tisi lo ha «testato» moltiplicandogli le parrocchie… Ottimi risultati: ormai don Mauro è pronto.