Le sfide della famiglia Fattor di Romeno tre generazioni con la testa...per terra
Non solo mele. Non sollo mucche. La famiglia Fattor, che vanta una tradizione contadina di qualche secolo, guarda avanti. E diventa un esempio di imprenditoria agricola: non semplici contadini che svolgono un compito preciso assegnato da tecnici e cooperative obbligate a confrontarsi con la grande distribuzione, ma imprenditori che spaziano per produzione in vari settori.
«E’ la logica contadina di un tempo», conferma Andrea Fattor, il «vecchio» della terza generazione. «Se un’annata vanno male le mele va bene con le patate, se le patate sono poche c’è il latte, se con l’allevamento non va troppo bene si integra con le cipolle».
Così si faceva un tempo, appunto; di tradizioni la famiglia Fattor è ricca, data la secolarità dell’azienda, anche se la nascita della «nuova» ha poco più di quarant’anni. E’ nel 1977 infatti che nonna Silvia – la vera capofamiglia, all’epoca, moglie di Silvio Fattor – decide di precorrere i tempi. Grazie a lei dalla tradizionale stalla di famiglia (2-3 capi) ne viene realizzata una enorme per l’epoca: 19 posti. A costruzione conclusa ci entrano 4 vacche da latte; un anno, ed è tutto pieno. A sostenere l’investimento la tradizione di famiglia: le patate. In grande quantità, già all’epoca.
Trascorsi oltre 40 anni, l’azienda Fattor vanta tre titolari, e tre distinte azienda, due agricole, una zootecnica. Dall’unione di Silvia e Silvio nascono cinque figli: tutti inviati a Trento in istituti, un po’ d’istruzione ci vuole…due diventano sacerdoti, uno lascia il paese e diventa vigile urbano, mentre Severino e Martino conducono l’azienda agricola. Ora il primo se ne è andato, il secondo è pensionato e da una mano alla nuova generazione: Andrea e Tarcisio sono figli di Severino, Italo lo è di Martino, ed assieme conducono questa impresa apparentemente colossale. Una stalla con 130 capi da latte e un’ottantina di manze in stalla, 10 ettari di meleto che sta per essere convertito in biologico, un totale di 60 ettari di terra che oltre alle mele produce fieno, patate, cipolle, aglio, orticole (radicchio, andivia…), con appezzamenti frammentati che vanno da Salter a Passo Mendola. «La fortuna è essere in tre, l’unione fa la forza», commenta Andrea. «Così possiamo godere di qualche vacanza con la famiglia, alternandoci, cosa che i nostri genitori, ed ancor più i nonni, non hanno mai avuto possibilità di fare».
Il primo successore di Severino e Martino è appunto Andrea, che entra in azienda a 14 anni, nel 1988: la «superstalla» d’epoca, dopo 11 anni, conta 46 vacche, 30 manze, si producono inoltre patate (tante) e un po’ di mele.
Nel frattempo i Fattor sono stati tra i soci fondatori del magazzino frutta Avn di Casez (di cui Andrea è attuale consigliere), sempre guardare avanti, oggi uno dei 16 magazzini di Melinda. Nel 1995 si aggiunge Tarcisio, che concluse le scuole professionali diventa il numero due (in ordine di tempo: qui non esistono gerarchie), e nel ’99 arriva Italo, fresco di diploma quinquennale all’Istituto agrario di San Michele.
«La nostra forza è che non abbiamo mai paura di fare prove», afferma Andrea. Così 7 anni fa i tre soci decidono di incrementare la patata, acquistando i macchinari necessari (potenziale produzione attuale: 200 tonnellate, quest’anno meno causa siccità). «Ma le patate vanno spostate, i terreni rigenerati», spiega Tarcisio. Così ecco la cipolla, cui si aggiunge l’aglio (meno soddisfacente). «Noi andiamo sui mercati, in Provincia e fuori», continua Tarcisio. «Se ti presenti con un solo prodotto c’è poca attrattività. Se hai vari tipi di patate (cicero, adora, red scarlet..), cipolle, aglio e quant’altro, catturi maggiore attenzione».
Già: loro, a parte mele (conferite a Melinda) e latte (al caseificio sociale) il resto lo vendono direttamente. E bisogna proporlo, costruire un pacchetto clienti. Prodotto ora marchiato: «Alta», che sta per montagna e bontà – oltre che, ovviamente, per «Alta Val di Non…» ma questo meglio non dirlo.