Mancano le vocazioni: i frati via anche da Cles

di Luigi Oss Papot

Un altro convento di frati francescani in Trentino chiude. Un altro pezzo di storia che se ne va. Dopo la recente chiusura del convento di Cavalese, ad arrivare come un fulmine a ciel sereno è la notizia della chiusura del convento di sant’Antonio di Cles, presso il quale sorge anche la comunità di accoglienza e di recupero ed un’azienda agricola chiamata «I fiori del convento», due attività che comunque dovrebbero continuare anche quando la presenza francescana non ci sarà più.

La comunità di accoglienza, nata nel 1984 per idea di padre Cesare Francescotti, padre Tiziano Donini e padre Modesto Comina (oggi tutti in convento a Pergine), è una struttura residenziale che accoglie persone con diverse fragilità (dipendenze alcool correlate, tossicodipendenza, alternativa al carcere, emarginazione, dipendenza da gioco) dove attraverso la relazione, l’attenzione e la valorizzazione dell’ospite lo si accompagna al raggiungimento di una maggior qualità della vita. Sono i «nuovi poveri», per i quali questa comunità fu pensata.

La causa di questa ulteriore chiusura, secondo quanto dichiarato dai responsabili della Provincia Sant’Antonio dei frati minori del nord Italia, è quella della carenza di vocazioni e della riorganizzazione della presenza francescana in tutta la parte settentrionale del Paese: dal 2016 infatti non esiste più la Provincia trentina dei francescani, ma tutto il nord Italia rientra in una grande provincia con la sede della curia provinciale a Milano.

E se il convento di Cles arrivò in Val di Non «grazie» ad un’epidemia, quella di peste del 1630, si può dire che su spinta di una pandemi,a invece, i frati saluteranno già a fine agosto il convento che li ospitava ininterrottamente da 389 anni. Quando scoppiò la peste infatti, la popolazione di Cles fece voto di erigere un convento per i frati allo scopo di ottenere la grazia e non essere toccati dalla malattia.

Un anno dopo, il 26 luglio 1631, la richiesta di un convento clesiano fu accettata: quattro anni dopo l’edificazione venne completata ed i frati, già residenti a Cles, vi si trasferirono.

Oggi, a distanza di quasi quattro secoli, dopo che un’altra pandemia ha sconvolto il mondo (e anche i conventi, basti pensare ai cappuccini trentini), il convento di Cles chiude, con grande amarezza delle comunità tutte. I quattro frati che attualmente operano lì (il guardiano, a maggio, è andato ad Arco lasciando «scoperta» la guida), verranno dislocati nei monasteri rimanenti dopo che già i frati di Cavalese sono stati dirottati tutti a Pergine: la notizia della chiusura, fra i frati, era nota già da maggio, quando ricevettero la visita del padre provinciale, con ordine però di non diffonderla all’esterno.

«C’è grande rammarico - confida il sindaco di Cles, Ruggero Mucchi - ma anche un grande ringraziamento da parte mia e di tutta l’amministrazione per quanto hanno fatto i frati a Cles. Sono stati un punto di riferimento per tutta la comunità».
A cercare di inquadrare meglio la situazione trentina viene in soccorso padre Stefano Dallarda, segretario interprovinciale: «Di fronte alla carenza di vocazioni - spiega - bisogna fare delle scelte dettate non solo dall’urgenza. Bisogna scegliere dei progetti su cui puntare, e per questo, in quest’ottica, il Trentino viene valorizzato in modo particolare con Mezzolombardo, sede del noviziato, scelta da novizi non solo italiani ma da tutt’Europa. A settembre arriverà un novizio anche dall’Egitto».

La realtà francescana trentina, secondo padre Dallarda, è particolare in quanto i frati sono in costante collaborazione delle parrocchie diocesane: «Con grande difficoltà - conclude - abbiamo fatto gli spostamenti nel mese di luglio, spostando i frati dei conventi chiusi in quelli più in difficoltà. Ma ora che teoricamente gli avvicendamenti avvengono su tutto il nord Italia, è ancora più difficile muovere frati sempre più anziani».
Spostamenti che porteranno ulteriori novità a Pergine, dove rientrerà, con il ruolo di guardiano, padre Pierluigi Svaldi, che appena un anno fa aveva salutato la comunità per andare al santuario della Madonna del Frassino, nel veronese.
Da Milano si conferma, almeno per i prossimi anni, la permanenza dei conventi di Mezzolombardo, Arco, Pergine e Trento, sede dell’infermeria.
Una presenza che si è via via assottigliata negli anni, con la chiusura (oltre a quelle di cui si rende conto in questa pagina) delle case di Trento San Bernardino, Villazzano, la casa cimiteriale di Trento, Borgo, Rovereto, Campo Lomaso.

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