Morto in Tanzania padre "Baba" Camillo, missionario di Romeno, aveva 83 anni: sarà sepolto in Africa
Dal 1969 operava in Africa come missionario della Consolata: con una vasta rete di aiuti e solidarietà della Val di Non è riuscito ad aprire un orfanatrofio ed una scuola professionale
ROMENO. La Val di Non piange Baba Camillo, il missionario che ha dedicato tutta la sua vita all’Africa.
«Baba» (che significa papà, come lo chiamano in Tanzania) Camillo Calliari è deceduto la scorsa notte nella sua missione in Tanzania, a Kipengere. Per sua volontà verrà sepolto in Africa, nel paese dove viveva e dove ha svolto la sua missione in una zona di montagna a 2.200 metri di quota.
Camillo Calliari era nato a Romeno (Val di Non) l’8 aprile del 1939, in una famiglia di contadini. Missionario della Consolata, la prima esperienza in Tanzania nel 1969 a Kisinga. Si occupava soprattutto di realizzare acquedotti.
A Kipengere per sua iniziativa sono stati aperti un orfanotrofio ed un centro con scuole professionali di falegnameria, sartoria e cucina.
Vastissima la rete solidale che si era creata intorno a Baba Camillo, figura carismatica che quando ritornava per brevi soggiorni in Val di Non era seguitissimo. Molte amministrazioni comunali, e una vasta rete di associazioni, hanno contribuito alla sua missione.
Alla sua vita, fu dedicato anche un film che era stato presentato a gennaio, intitolato a sorpresa "Mama Camillo". Come mai? Dopo l'apertura di un orfanatrofio nella sua tanzaniana Kipengere, padre Camillo Calliari, nato l'8 aprile 1939 a Romeno, è diventato «mama». Ed era lui stesso a spiegarne il motivo: «Quei bambini hanno bisogno d'affetto, perché quasi tutti hanno perso la madre. Allora ti sostituisci alla mamma?».
E nel film che narra la vita e l'opera di questo missionario, che la regista Lia Beltrami ha addirittura paragonato a padre Eusebio Chini, lo si vede infatti attorniato da decine di bimbi, alcuni tra le sue forti braccia contadine. Un video documentario intitolato appunto «Mi chiamano Mama - La Tanzania di Baba Camillo», dove ad ameni scenari africani con leoni, zebre, giraffe, si alternano immagini di lavoro, di inaugurazioni, di opere realizzate, e testimonianze dirette di tanzaniani che grazie all'operato del missionario romenese e dei suoi collaboratori hanno potuto vivere, crescere, studiare (molti in Italia), costruirsi una vita.
«Un documentario breve - ha spiegato Lia Beltrami - perché vuole parlare ai giovani, nelle scuole. Baba Camillo è sempre pronto ad anticipare quello che sarà. Un uomo forte, con la grinta del cacciatore, che ad un certo punto della sua vita lascia in buone mani tutte le sue opere».
Già, padre Camillo non ha lavorato solo tra chiesa e sacrestia. Appena giunto a Kipengere (dopo periodi in altre missioni) ha affrontato il problema acqua: prima chilometri per attingerla e portarla in spalla, ora 25 paesi sono dotati di acquedotto. Sono nate scuole (la primaria di Kipengere ospita 600 alunni), laboratori di falegnameria e meccanica, è stato cambiato il modo di coltivare la terra ed allevare animali, ed ora l'acqua viene persino imbottigliata, con una catena di produzione anni '60-'70 recuperata chissà dove. Inoltre è appunto nato l'orfanatrofio, che ospita un sacco di bimbi in cerca di affetto e futuro.
Un futuro che Baba Camillo ha già dato a molti: nel video ci sono il primo bambino accolto in missione che ora vi esercita come maestro (stipendiato dal governo), Ennio che ha avuto modo di frequentare un corso in Val di Non (anche all'Enaip di Cles) diventando il tecnico (riparatore di tutto) della missione, molti altri che hanno imparato mestieri. Ma soprattutto a proseguire nella strada della modernizzazione tecnologica a tutti i livelli voluta da Baba Camillo.
Nel documentario si vede anche il missionario nella sua stanza, tra le antiche foto di famiglia in bianco e nero, tra i ricordi di una vita intensa, spesa, come lui stesso affermava, «per diffondere un modello di solidarietà».