Giustizia / Sentenza

Il vicino lava il vetro dell’auto, lei lo aggredisce con un cestino: condannata, dovrà anche risarcire e pagare le spese legali

Una lite condominiale è degenerata, secondo la donna le regole condominiali non lo permettevano, ma l’aggredito l’ha vista brutta: «Era lì che continuava a darmi cestinate addosso»

TRENTO. L'arrabbiatura per quel parabrezza lavato nel piccolo piazzale esterno comune a più appartamenti, è costato caro ad una nonesa. Il conto finale ufficializzato dal giudice di pace è di 2 mila euro. 300 dei quali dovranno essere pagati come risarcimento per i danni morali.

«Ha reagito a un fatto lecito (pulizia dei vetri della macchina prima di intraprendere un viaggio), con un calcio a un secchio d'acqua, facendolo rovesciare e ha poi colpito con un cestino l'automobilista provocandogli una sensazione dolorosa» questo si legge nella sentenza. Che ripercorre nel dettaglio quello che è successo in val di Non poco più di quattro anni fa.

In sintesi la donna non avrebbe gradito la pulizia della vettura nel piazzale comune e avrebbe avuto un alterco verbale con la sua controparte che si è concluso con l'uso di un cestino di vimini come "arma" di offesa (o come difesa, a seconda della ricostruzione, ma il giudice di pace ha dato credito a quella offerta dalla parte civile). Una lite che secondo il giudice andava evitata in base a «principi di ordinaria diligenza comune».

Ma ecco quello che è successo. È estate e una coppia - che abita in uno degli appartamenti dove c'è a disposizione di tutti una sopra di piazzale esterno - parte per un viaggio con la moglie. Le valige erano sistemate nel bagagliaio. Un particolare che può apparire secondario ma che viene evidenziato nella sentenza perché il fatto che la coppia avesse giù "caricato" la macchina porta come conseguenza che a quel punto non volessero fare una pulizia accurata del veicolo ma semplicemente lavare il parabrezza. Che era segnato da escrementi di uccello. Un fatto - quello del parabrezza sporco - confermato da diversi testimoni e dalla stessa donna finita poi a processo.

Quindi la scena è questa: l'auto parcheggiata nel piazzale, un secchio pieno di acqua con un po' di detersivo e l'uomo con la spugna in mano pronto a pulire il parabrezza. Una scena che ha portato alla reazione della donna. Che avrebbe ribadito un accordo preso fra i proprietari di appartamenti e piazzale: lì non si lavano le automobili. E la risposta di lui è riportata in sentenza: «Ma perché io non sto lavando la macchina, ti sembra che io stia lavando la macchina?». A quel punto la donna, per rimarcare la sue parole avrebbe toccato con il piede il secchio con l'acqua rovesciandolo. E qui parte la seconda parte dell'alterco diventato causa dove le ricostruzioni divergono.

La donna - poi condannata al pagamento di una multa, del risarcimento e delle spese processuali - dice di esser stata colpita all'orecchio dalla mano sinistra dell'uomo e di aver sentito un dolore improvviso e di aver usato il cesto di vimini come "arma di difesa". «

La deposizione spontanea, come detto, non è apparsa genuina, logica, verosimile» scrive il giudice che trova genuina invece un'altra testimonianza, quella dell'automobilista che ha spiegato che «è arrivata la signora infuriata, perché non devo lavare la macchina. Io ovviamente non lavavo nessuna macchina volevo solo pulire il parabrezza. È venuta lì mi ha preso il secchio e l'ha scagliato su in mezzo alla strada... ...mi è arrivata addosso questa signora con un cesto di vimini a darmi su cestate... ...Ad un certo lei è partita, è andata via, cioè è andata verso casa, tenendo in mano gli occhiali, perché aveva gli occhiali rotti. Si vede che non so io, siccome mi sono riparato con il braccio, perché continuava con questo cesto di vimini a darmelo in testa, ponendo il braccio si vede che gli è arrivato in faccia a lei...».

Come è finita lo abbiamo già detto: con un conto da 2mila euro.

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