Giustizia / Lo scontro

Maestri indagato per diffamazione e minacce: “Non mi pento di nulla, non ho paura”

Il papà (nella foto) del bambino che, da sette anni, è in stato vegetativo per colpa di un formaggio prodotto con il latte crudo contaminato da escherichia coli è stato querelato da Nicola Sicher, noto albergatore di Coredo e consigliere dell'Apt Val di Non

COREDO. Minaccia, diffamazione aggravata e atti persecutori. Sono questi i reati di cui deve rispondere Giovanni Battista Maestri (nella foto), il papà del bambino che, da sette anni, è in stato vegetativo per colpa di un formaggio prodotto con il latte crudo contaminato da escherichia coli.

Per questa drammatica e dolorosissima vicenda, in luglio, sono state confermate in appello le condanne per lesioni personali gravissime dell'ex presidente del caseificio sociale di Coredo Lorenzo Biasi e del casaro Gianluca Fornasari. Questa volta, però, a rischiare di finire sul banco degli imputati è il genitore del bambino.

L'indagine è alle battute iniziali - Maestri sarà sentito dagli inquirenti nelle prossime settimane - e prende le mosse dalla querela presentata da Nicola Sicher, noto albergatore di Coredo e consigliere dell'Apt Val di Non, nonché membro del comitato esecutivo. Da mesi, non è un mistero, perché basta scorrere il profilo social di Maestri per rendersene conto, Sicher, così come gli altri membri del cda, sono oggetto di attacchi feroci da parte sua: non perdona loro di avere concesso ad un formaggio del caseificio di Coredo il marchio dell'Apt.

Le invettive al vetriolo e le offese - ma a Maestri viene contestato anche di avere minacciato Sicher di arrecare gravi danni alla sua attività alberghiera e di avere generato con le sue condotte un grave stato di ansia nell'imprenditore - avrebbero travalicato i limiti tollerabili. «Negli ultimi mesi - spiega Sicher, contattato dall'Adige - mi sono trovato purtroppo a essere bersaglio di numerose offese e minacce gravi, diffuse pubblicamente sui social media e dirette alla mia persona. Nonostante abbia sempre cercato di mantenere un profilo riservato e di non dare adito a conflitti, la persistenza e l'intensità di questi attacchi hanno superato ogni limite tollerabile. Non si tratta solo di semplici parole: la natura pesante e reiterata di queste offese ha creato un clima di paura e insicurezza nella mia famiglia, mettendo a rischio non solo la mia incolumità, ma anche quella delle persone a me care".

"Alla luce di questa situazione - prosegue - ho ritenuto necessario tutelarmi e proteggere la mia sicurezza personale attraverso la via legale, decidendo di sporgere denuncia contro chi mi ha pesantemente aggredito e offeso attraverso il web. È una decisione che non ho preso a cuor leggero, ma la gravità di quanto subito mi ha lasciato poche alternative. Ho anche provato a trovare una soluzione diversa, cercando la via del dialogo e mostrando disponibilità nei confronti di chi ha preferito la strada di insultare e offendere me, la mia famiglia e l'azienda che nulla c'entriamo con l'accaduto".

Le scuse, che avrebbero potuto chiudere la vicenda, non sono contemplate. «Io non mi pento di nulla e non ho paura. Non mi sottraggo alle mie responsabilità e, se verrò ritenuto responsabile, sconterò la pena e non chiederò alcuno sconto né sospensione. Tutto questo è una conseguenza della mancanza di rispetto nei confronti del mio bambino».

Rivendica ogni parola usata su Sicher e gli altri membri dell'Apt. «Sicher nel cda dell'Apt rappresenta la ristorazione alberghiera perché ha un hotel, è di Coredo e fa parte del comitato esecutivo. Lo ripeto: non ce l'ho con tutti i formaggi. Ma qui hanno cercato di ridare una "verginità" al caseificio di Coredo condannato per avere ammazzato il mio bambino. Dico ammazzato, perché io l'ho perso a giugno 2017. Loro (si riferisce al cda dell'Apt ndr) devono capire il dolore arrecato alla mia famiglia concedendo quel marchio: non mi fermerò finché non lo toglieranno». Una battaglia che andrà di pari passo, assicura, con quella per arrivare ad introdurre il divieto di somministrazione dei prodotti a latte crudo ai bambini sotto i dieci anni.

«Aggiungo solo una cosa: per avere dato dell'infame o altre parole simili, si rischiano dieci anni di galera. Per avere ammazzato il mio bambino 2.500 euro, la pena massima. Vi sembra normale?». L'accusa più pesante per Maestri è quella di stalking, dunque atti persecutori.

L'avvocato Chiariello si riserva di esaminare le carte, ma evidenzia perplessità «dal punto di vista giuridico», nel «mettere in concorso formale le contestazione di minacce continuate con il reato di atti persecutori». Quanto alla presunta diffamazione, aggiunge: «Vedremo se vi sia stato un problema di mancata continenza». Ma sui contenuti ricorda come «in un Paese liberal democratico quale deve essere l'Italia, in materia di diritto di critica, vi sia una verità grande che riguarda la pericolosità dei prodotti a latte crudo».

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