Arco, il punto nascite chiuderà dopo le elezioni

di Paolo Liserre

Per molti il conto alla rovescia è già iniziato. Non da ieri, men che meno da oggi. Ma più passano i giorni più i granellini di sabbia della clessidra che sta scandendo il tempo rimasto prima della chiusura del «punto nascite» all'ospedale di Arco stanno esaurendo il loro compito. Tempo qualche mese, poi si chiude «baracca e burattini».

I mesi sono quelli necessari per arrivare al voto delle comunali (che non riguardano Arco però), superare questo ostacolo e poi passare ai fatti. Anche perché lo stesso presidente della Provincia Ugo Rossi sa bene che politicamente l'appuntamento con le urne di maggio è un «referendum» anche e soprattutto sul suo operato e presentarsi a quella scadenza con un fardello del genere diventerebbe altamente pericoloso.

In una recente riunione tenutasi proprio presso la struttura ospedaliera arcense, di fronte a numerosi operatori locali, il responsabile del Servizio ospedaliero provinciale dottor Ferdinando Ianeselli ha annunciato pubblicamente l'ormai prossima chiusura del punto nascita, assieme a quelli di altre zone del Trentino (Tione e Cavalese in primis). A questo si aggiunga poi che con il trasferimento del dottor Francesco Ricci a Rovereto con incarico di primariato a scavalco su Arco, di fatto la chirurgia generale al monoblocco è limitata allo stretto indispensabile. Ecco perché in questi giorni un nutrito gruppo di operatori (medici ma non solo), che preferiscono rimanere anomini per timore di ripercussioni da parte dell'Azienda Sanitaria, hanno sottoscritto un documento in cui denunciano una situazione che sta «privando la comunità di reparti cardine dell'istituto ospedaliero e di servizi ritenuti essenziali».

Nel documento, che preannuncia anche la possibilità che nelle prossime settimane nascano «comitati di protesta», gli operatori arcensi sottolineano che «in realtà l'attività del punto nascita di Arco non si scosta molto dai parametri nazionali richiesti e ribaditi anche recentemente dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

Il numero minimo di 500 parti annui sono stati raggiunti e superati tre anni fa e sfiorati nel 2013; il mancato raggiungimento nel 2014 (383, ndr.) è legato alla decisione dei medici dell'unità operativa di ostetricia che, interpretando alla lettera una delibera del dipartimento provinciale, per sollecitare l'adeguamento delle risorse umane agli standard di sicurezza, avevano sospeso le attività del punto nascita nei primi due mesi dell'anno. Tanto è vero - si osserva ancora - che adesso, con la presenza attiva ad ogni travaglio di anestesista e ginecologo, il trend dei parti nei primi mesi del 2015 è tornato in proiezione verso la fatidica quota 500».

Nella nota si definisce inoltre «sconcertante l'assoluta mancanza di informazioni che dovrebbero essere fornite alla popolazione e la totale assenza delle autorità in un dibattito serio su questi argomenti». Anche il sindaco di Arco Alessandro Betta viene chiamato in causa, così come il presidente della Comunità di Valle Salvador Valandro: «Giustamente si mettono in gioco per salvare l'ufficio postale di un sobborgo - si legge nel documento - Forse, oltre che informare i propri concittadini, potrebbero interrogarsi sulle possibilità di salvare un servizio che oltre ad essere vitale, efficiente e sicuro, rappresenta una risorsa occupazionale importante per la comunità, e in particolare per un numeroso gruppo di dipendenti che, se avallata la chiusura, si vedrebbero costretti per mantenere la loro professionalità, a trasferire la propria sede di lavoro in altri centri ospedalieri della provincia».

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