Fumata nera al «Marchetti», non si riapre
Nuove difficoltà sullo Stivo, anche Corrado Valentini avrebbe rinunciato
È un rifugio speciale in molti sensi. Per la sua storia ultracentenaria, per il nome che ancora «indossa», per il luogo straordinario dove sorge. Ma anche perché a differenza di molti altri rifugi, anche a quote simili o di poco inferiori, non è affatto facile gestirlo. Il «Prospero Marchetti», a quota duemila sopra il monte Stivo è chiuso da mesi e resterà chiuso ancora a lungo.
Dopo la risoluzione dell'accordo di gestione che legava l'ex gestore Matteo Calzà alla Sat, si pensava che con la buona volontà di tutti sarebbe stato finalmente possibile, forse già a inizio inverno, rivedere il rifugio aperto. Un sogno per i tanti appassionati locali, quasi una necessità per i satini arcensi e altogardesani, che allo Stivo sono profondamente legati.
La speranza ha lasciato in questi giorni il posto alla realtà. Corrado Valentini, che si era candidato quale possibile nuovo gestore del rifugio, per il momento ha declinato l'invito. L'interessato preferisce non parlarne ma neppure smentisce: «Sulla vicenda è stato scritto di tutto e di più - si è limitato a dire - spero anche io che prima o poi gli appassionati possano tornare al Marchetti. Quanto alla situazione attuale preferisco non esprimermi».
Quello che si è saputo è che lo stesso Valentini avrebbe, nei giorni scorsi, fatto di nuovo il punto della situazione sui lavori da fare al «Marchetti» e che un lungo incontro con l'ex gestore Calzà gli avrebbe aperto gli occhi sulla molte cose da sistemare prima di una eventuale apertura.
Problemi di carattere strutturale, messa a norma, lacune igienico sanitarie, tutti punti noti da tempo ma che continua a pesare sulla riapertura del rifugio. E poi l'affitto, che secondo l'ex gestore continua ad essere eccessivo per un rifugio che ha costi di approvvigionamento considerevoli e che non offre una struttura al passo con i tempi. In particolare pesa sul «Marcheggi» l'impossibilità di raggiungere il rifugio con mezzi diversi dall'elicottero. Negli ultimi anni Calzà doveva noleggiare due volte all'anno un velivolo per portare in quota ogni volta 8 quintali di viveri e accessori. Portando poi in spalla il resto. Un ostacolo che altri rifugi della zona - «Pernici», «Chiesa», «S.Pietro» - non devono affrontare.