Ex Argentina, per Bresciani non è finita La Procura impugna l'assoluzione Nuovo capitolo giudiziario per il vicesindaco

di Paolo Liserre

Per il vicesindaco di Arco Stefano Bresciani il capitolo giudiziario legato alla vicenda «ex Argentina» è tutt'altro che chiuso. La Procura della Repubblica di Rovereto ha depositato ricorso in appello contro l'assoluzione dell'esponente autonomista e contro quella di Tiziana Mancabelli, funzionaria dell'ufficio edilizia privata del Comune di Arco, due dei dieci imputati del processo di primo grado per la lottizzazione all'«ex Argentina» di via Lomego conclusosi il 31 maggio scorso in tribunale a Rovereto con le condanne per «lottizzazione abusiva aggravata» dei fratelli Miorelli (Roberto e Gianluca), della dirigente dell'area tecnica del Comune Bianca Maria Simoncelli e dei tre progettisti del gruppo «Cosmi».

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Oltre ai sei condannati quindi, in appello dovranno tornare a difendersi dalle contestazioni della pubblica accusa anche l'attuale numero due dell'amministrazione Betta e la funzionaria che seguì da vicino il procedimento che portò all'approvazione del piano di lottizzazione del complesso Olivenheim - ex Argentina.

Il ricorso della Procura della Repubblica di Rovereto è volto anche ad ottenere in sentenza il riconoscimento della «demolizione» dell'immobile nel momento in cui, e se, passerà in giudicato un verdetto di colpevolezza. Il che non significa che il complesso nato sulle ceneri dell'ex Argentina verrà abbattuto, anche perché in parte di esso abitano ormai da qualche anno diverse decine di persone.

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Semplicemente (ma non è comunque un aspetto di poco conto) nel momento in cui un'eventuale sentenza di condanna passerà in giudicato e partirà l'ordine di demolizione, contestualmente partirà la procedura di affidamento dello stesso complesso all'ente pubblico (il Comune di Arco) che dovrà destinarlo a finalità d'interesse collettivo e pubblico e non potrà quindi metterlo sul mercato e venderlo.

Il termine per la presentazione dei ricorsi da parte di accusa e difese scade esattamente domani, a 90 giorni (pausa estiva non contemplata) dal verdetto di primo grado emesso dal tribunale di Rovereto.

Quella sentenza aveva portato alle seguenti condanne: un mese di arresto (pena sospesa) e 22 mila euro d'ammenda per Roberto e Gianluca Miorelli (rispettivamente legale rappresentante e amministratore delegato della ditta Cosmi Costruzioni), per i tre progettisti del gruppo «Cosmi» (Alessio Bolgan, Bruno Ferretti e Mariano Zanon) e per Bianca Simoncelli, dirigente dell'area tecnica del Comune di Arco; assolti perché il fatto non sussiste il vicesindaco di Arco Stefano Bresciani, la funzionaria Tiziana Mancabelli e i due membri della commissione edilizia Massimo Favaro e Giorgio Bellotti; 50.000 euro di risarcimento danni a favore di Italia Nostra, e confisca dei beni già posti sotto sequestro dal febbraio 2016.

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All'inizio di luglio il presidente del collegio giudicante Carlo Ancona aveva reso pubbliche le motivazioni di quella decisione sottolineando tra l'altro come «la lottizzazione Olivenheim - ex Argentina rappresenta un danno inflitto alla comunità, un danno enorme, determinato dalla dimensione dell'intervento edilizio o, se si preferisce, dall'interesse paesaggistico dei luoghi interessati, visibili da tutta la città di Arco.

E non si può negare che sia stata raggiunta in dibattimento la prova della violazione, per giunta macroscopica e quindi per così dire flagrante, dell'articolo 75 del Piano regolatore». In quelle motivazioni il dottor Ancona chiamò in causa anche l'ex sindaco di allora Renato Veronesi (oggi presidente di Amsa) sottolineando come «dalla lettura del verbale della commissione edilizia del 21 maggio 2009 emerge l'assenza del sindaco (fino ad allora sempre attivo e presente) e del responsabile legale, oltre che di un architetto; assenze - precisa Ancona - certamente non casuali ed anzi molto significative».

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