Cinquemila stagionali a reddito zero. A casa da mesi, in aumento il numero di chi si rivolge alla Caritas
Le assunzioni in Alto Garda e Ledro nel comparto dei pubblici esercizi e del turismo sono diminuite nel marzo dell'anno scorso di 805 unità, ad aprile di 1.751, a maggio di 247. Poi c'è stata un po' di ripresa nei mesi estivi, per tornare a calare in autunno
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RIVA DEL GARDA. Cinquemila lavoratori e lavoratrici stagionali del turismo hanno smesso di lavorare tra settembre e ottobre e non riprenderanno neanche a Pasqua, che in genere sul Garda segna l'avvio della nuova stagione turistica.
Nel frattempo hanno esaurito i mesi in cui ricevono l'indennità di disoccupazione, la Naspi. In sostanza sono senza un soldo. Non è raro, poi, che facciano la stagione moglie e marito, per cui ci sono intere famiglie senza reddito. L'anno scorso a questi lavoratori sono arrivati due contributi una tantum, uno a giugno, l'altro a fine anno, previsti dal governo Conte a seguito della crisi Covid. A partire da aprile dovrebbero arrivare nuovi aiuti dalla Provincia, via assegno unico, e dal decreto Sostegni del governo Draghi.
Il Fondo di solidarietà del Trentino allunga la Naspi di un mese, sempre che arrivino soldi da Piazza Dante. Intanto bisogna arrangiarsi, magari con l'aiuto della Caritas. «Sono lavoratori che da un anno non lavorano o quasi - afferma Paola Bassetti della Filcams Cgil - Sono rimasti completamente senza ammortizzatori e ora salta anche Pasqua: è la seconda Pasqua persa». In un anno normale, sul Garda un lavoratore stagionale comincia a lavorare a marzo e finisce a settembre-ottobre. Con sette-otto mesi di lavoro ne matura la metà, tre o quattro, di disoccupazione - la Naspi è pari all'80% della retribuzione - e così arriva alla stagione successiva. Nel 2020 invece la stagione è partita solo a giugno, i mesi di disoccupazione maturati sono pochi e ora gli ammortizzatori sociali sono finiti.
La conferma arriva dai dati dell'Agenzia del lavoro che la sindaca di Riva del Garda Cristina Santi ha riportato nella sua relazione al bilancio di previsione 2021-2023. Le assunzioni in Alto Garda e Ledro nel comparto dei pubblici esercizi e del turismo sono diminuite nel marzo dell'anno scorso di 805 unità, ad aprile di 1.751, a maggio di 247. Poi c'è stata un po' di ripresa nei mesi estivi, per tornare a calare di 401 unità a novembre e di 647 unità a dicembre. Complessivamente il settore terziario ha perso in un anno 3.191 posti di lavoro. Questo al 31 dicembre. Da allora siamo stati in zona arancione e poi in zona rossa e quindi il turismo praticamente non lavora fino a dopo Pasqua e i bar devono contentarsi dell'asporto. Ormai tutti i 5.000 stagionali sono fermi. «L'anno scorso agli stagionali sono stati erogati due bonus del governo - ricorda Bassetti - Uno da 600 euro, poi portato a mille, e l'altro da 1.000 euro in autunno». Ora stanno arrivando piccole boccate d'ossigeno. «La Provincia ha previsto aiuti tramite l'assegno unico - spiega Lamberto Avanzo della Fisascat Cisl - L'Ente bilaterale del turismo ha stanziato un contributo. Il Fondo di solidarietà del Trentino ha previsto un mese in più di Naspi».
Nel decreto Sostegni in arrivo, inoltre, è stato inserito un aiuto agli stagionali di complessivi 2.400 euro. Per quanto riguarda il sostegno provinciale, arrivato dopo insistenti richieste dei sindacati, i sussidi vanno da 150 a 950 euro mensili a seconda dell'indicatore Icef e della composizione del nucleo familiare e saranno erogati a partire da aprile per tre mesi. L'Ente bilaterale ha stanziato un contributo di solidarietà, oltre alle attività di formazione che proseguono insieme all'Agenzia del lavoro. Sul mese in più di Naspi, Francesca Delai della Filcams precisa: non è automatico, lo devono attivare i datori di lavoro. L'unico tipo di contratto lavorativo cresciuto nel 2020 è il contratto a chiamata: in Alto Garda ne sono stati attivati 2.224, il 14% in più dell'anno prima. «Prossimamente è previsto un forte ricorso a questo tipo di contratto nel turismo» sostiene Delai. I sindacati sono molto preoccupati per questo ennesimo aumento della precarietà.