Varo / Fraglia

La nave da soccorso Sperone, lo spettacolare varo che dà più sicurezza al Garda

E’ entrata in funzione la moderna motovedetta dedicata alle operazioni «Sar»: un concentrato di tecnologia e di potenza in acqua

di Davide Pivetti

RIVA. A vederla da vicino fa impressione. Nelle acque del Garda (ma per la verità anche in quelle marine italiane) non si è mai visto un concentrato simile di potenza, tecnologia, funzionalità dedicato alle operazioni SAR (search and rescue, cioè ricerca e salvataggio in inglese). La più performante delle motovedette da soccorso realizzata negli ultimi anni in Italia si chiama «Sperone» e da sabato fa ufficialmente parte delle dotazioni del Corpo dei vigili del fuoco volontari di Riva. Che l'hanno attesa per molto, molto tempo: ormai 11 anni.

La giornata di festa organizzata alla Fraglia della Vela, per la presentazione ufficiale dell'imbarcazione, il taglio del nastro e la bottiglia di spumante da stappare, è infatti solo l'ultimo istante di un iter macchinoso, snervante a tratti avvilente avviato nel 2011 quando ci si rese conto che il vecchio motoscafo «Rio» non era più in grado di garantire tutti gli interventi necessari sul Garda, soprattutto con lago formato. Il nuovo mezzo risponde prima di tutto a questa esigenza, e lo fa con dotazioni tecnologiche e caratteristiche progettuali uniche nel suo genere, frutto anche della lunghissima "gestazione" e dell'attenzione assoluta al progetto da parte dei vertici del Corpo dei vigili del fuoco (uno su tutti l'ex comandante Graziano Boroni, che ha seguito per tutti questi anni l'iter realizzativo) ma anche dei vertici della Protezione civile trentina (il dirigente generale Raffaele De Col si è speso personalmente per la conclusione del progetto) e della Cassa antincendi.

Tra l'idea iniziale e la festa, tanto lavoro ma anche «filibustieri» e «mascalzoni», come ha ricordato Boroni in riferimento alle disavventure occorse in passato con chi di volta in volta si aggiudicava una parte dei lavori. Fino al subentro definitivo dei cantieri «Tuccoli» di Livorno (presente ieri il titolare Paolo Sanguettola) che hanno ereditato il progetto e lo hanno realizzato in 4442 ore di lavoro in contatto costante con Riva e Trento, con determinazione e passione, quasi senza guadagno ma consapevoli di aprirsi una prospettiva di mercato molto interessante per le barche da lavoro e da soccorso.

A salutare il nuovo «Sperone» in Fraglia anche il comandante del Corpo rivano Marco Menegatti, l'ispettore distrettuale Lorenzo Righi che da direttore operativo del progetto ha potuto consegnare le chiavi del natante nelle mani del comandante, quindi la sindaca Cristina Santi e il governatore trentino Maurizio Fugatti, che ha poi stappato lo spumante a bordo dopo che la prima cittadina con il collega di Nago Torbole Gianni Morandi avevano tagliato il nastro dell'imbarcazione ormeggiata alla «Spiaggia degli Olivi».

Qui lo «Sperone» ha fatto il suo memorabile ingresso sotto i lanci degli idranti offrendosi poi alla benedizione di padre Franco Pavesi e alla visita a bordo dei più curiosi.

Un mezzo SAR lungo 13,11 metri, largo 3,87, capace di raggiungere i 33 nodi (il bando ne richiedeva 30) e dotato di una gru da 1,6 tonnellate e di tutte le dotazioni più moderne: stazione meteo, gps, bussola, nonché sonar, radar, sistema di tracciatura satellitare, termocamera con funzione di visione notturna con funzione inseguimento e monitoraggio motori. Vi sono anche monitore antincendio, verricello da tonneggio, plancia poppa immergibile per recuperare persone e oggetti dall'acqua con portata fino a 600 chili, motore motopompa con riserva schiumogeno da 90 litri e spazio per 15 operatori a bordo. Costo finale circa 743 mila euro che se davvero cambieranno le prospettive di salvataggi e ricerche sul lago saranno ben spesi.

La nuova motovedetta (modello «Vic 42») è la prima imbarcazione dei Vigili del fuoco di Riva ad avere un nome: fino ad ora ogni mezzo era identificato con la sua sigla tecnica o modello costruttivo.

Un giorno alla «Tuccoli» hanno chiesto ai nostri vigili che nome dovessero incidere sulla fiancata «perché le barche un nome lo devono avere». Per quanto inattesa la domanda ha trovato presto risposta con un sondaggio interno: e così è nata «Sperone».

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