Rovereto, preside vieta la merendina in cortile
Niente merendine in cortile, non sta bene: chi vuole uscire per una boccata d'aria durante la ricreazione, deve prima «consumare» crackers, frutta e brioches in classe. Solo dopo può accedere al cortile. È la regola ferrea che la preside dell'Istituto comprensivo Rovereto Sud ha imposto ai suoi scolari. È una questione di educazione, spiega la dirigente, che cita l'esempio delle scuole tedesche. Ma i genitori, e gli stessi insegnanti, insorgon
La ricreazione per i bambini è un momento sacrosanto, una valvola di sfogo dopo le ore trascorse dietro ai banchi. Quei quindici minuti tra le 10.15 e le 10.30 sono anche l'occasione per scambiarsi le carte-gioco di Yu-gi-ho, parlare dei cartoni animati e giocare a rincorrersi nel cortile.
Per questo la decisione della dirigente scolastica dell'Istituto comprensivo Rovereto Sud di obbligare gli scolari a consumare la merendina in classe ha suscitato malumori tra il corpo insegnate e i genitori. Con l'inizio dell'anno scolastico 2013-2014 la preside Francesca Carampin ha comunicato alle maestre che da quel momento in poi i bambini avrebbero dovuto mangiare lo snack di metà mattina all'interno delle aule: solo una volta finiti crackers, frutta e brioches, gli studenti possono scendere in cortile fino al suono della campanella.
Un'iniziativa che viene applicata alle scuole elementari dell'istituto comprensivo, in particolar modo alle Dante Alighieri di via Benacense. In una lettera inviata all'Adige mamme e papà rappresentati di classe e della consulta hanno definito questa scelta «assurda». «L'obbligo di rimanere tutti in aula viene vissuto dai bambini come una punizione, visto che a volte la proibizione di accedere al cortile viene usata come "castigo" per i più vivaci».
Oltre al fatto che i bambini bramano la ricreazione come sfogo tra una lezione e l'altra, e che i minuti trascorsi a mangiare la merendina in classe riducono il tempo a disposizione del nascondino e del rialzo, lo snack avrebbe creato delle inimicizie in classe. «Non tutti i bambini mangiano con gli stessi tempi: i più veloci deridono i più lenti, incolpandoli di far perdere tempo per il gioco», scrivono i genitori.
La dirigente scolastica vede l'innovazione da lei introdotta come una questione di educazione. «I bambini non possono mangiare in fretta mentre corrono in cortile; sedersi a tavola e gustare il cibo è un momento educativo, come quello della mensa, alla quale la scuola presta già molta attenzione».
Francesca Carmapin ha preso spunto dalle scuole tedesche, dove la prassi della ricreazione in classe è realtà da molti anni. «Può sembrare una decisione "alla Montessori", ma è importante per la crescita degli scolari. A dirla tutta mi farebbe piacere portassero anche una tovaglietta sulla quale mangiare».
Un altro motivo che ha portato all'introduzione di questa prassi è il fatto che, mangiando durante i giochi in cortile, i bambini spesso dimenticavano cartacce in giro, mentre in classe c'è più attenzione a gettare i rifiuti nei bidoni. «Ho chiesto alle insegnanti di fare una prova; alcune maestre non erano d'accordo, ma io ho insistito perché fosse una cosa generalizzata. Se a fine anno si valuta che sia stato un insuccesso, si può tornare indietro», spiega la dirigente scolastica.
Spingere gli alunni a sedere composti durante la ricreazione, secondo la preside, è anche un modo per abituarsi «al galateo» nella pausa pranzo. «Per me non è necessario che, prima di scendere in cortile, si aspettino tutti i bambini. Chi finisce la merenda può scendere. Sono gli insegnanti che hanno deciso come applicare la regola in questo modo», si difende Carampin. I genitori sono comunque sul piede di guerra. «Con tutti i problemi della scuola pubblica, non ha senso inventarne di nuovi».