Sorpresa a Marco, spariti i profughi
Che l'Italia non fosse la loro destinazione finale, lo si era capito subito. Che avessero così tanta fretta di levare le tende per cercare soluzioni ritenute migliori, nessuno se lo aspettava. Fatto sta che dei 40 profughi africani giunti in Trentino nei giorni scorsi al Centro di Marco che li ha ospitati, ne sono rimasti pochi. Anzi, a quanto pare, uno solo. D'altra parte, l'ex polveriera di Marco non è una prigione, bensì un centro di prima accoglienza, e trovare una via di uscita dalla struttura non è difficile
I quaranta profughi accolti al Centro di Marco devono aver realizzato in fretta di non essere prigionieri: anche se sui numeri non c'è ufficialità, per le forze dell'ordine una decina di persone ieri si sarebbe allontanata a piedi dalla struttura. Ma ieri notte, l'interno dell'ex polveriera appariva silenziosa, come se tavolate e dormitori fossero deserti e addirittura tutti e quaranta i rifugiati se ne fossero andati. Dai movimenti interni si notava la presenza di un solo immigrato.
L'ex polveriera di Marco non è una prigione, bensì un centro di prima accoglienza. Trovare una via di uscita dalla struttura è tutto tranne che difficile: non ci sono muri alti e invalicabili, ma solo dei recinti e tutto attorno boschi e rocce, dove è facile far perdere le proprie tracce.
Ieri nel tardo pomeriggio, durante un controllo di routine, la Polizia stradale ha incrociato un giovane di pelle scura che camminava lungo la strada. Quando gli sono stati chiesti i documenti, il ragazzo ovviamente non aveva nulla da mostrare, essendo sbarcato a Lampedusa pochi giorni fa. Gli agenti lo hanno riaccompagnato alla struttura di Marco. Solo uno però è stato trovato, degli altri usciti dal Centro non si sa ancora nulla, ma è molto probabile che tutti siano già in viaggio verso la loro vera meta, il Nord Europa.
Il gruppo di profughi era arrivato a Rovereto sabato pomeriggio. Sono 40, trentanove eritrei e un etiope. Alle spalle storie difficili, un Paese che non sentono più come casa propria e dal quale hanno sentito di dover fuggire, senza sapere dove sarebbero approdati. Il più vecchio ha 33 anni, tra loro ci sono 7 donne, che hanno viaggiato con i mariti.
La priorità, appena scesi dal pullman sabato scorso, è stata quella di dargli subito da mangiare. Il viaggio sulle carrette del mare è stato provante per il corpo e per la psiche. Sono stati rifocillati, poi è stato spiegato loro cosa sarebbe accaduto. A farlo sono stati il commissario del governo, Francesco Squarcina, e l'assessore alla protezione civile Tiziano Mellarini, con il supporto del Cinformi. Un'accoglienza in grande stile, come si addice a una provincia che sa aprire le braccia a chi è in difficoltà.
Non che all'ex polveriera i profughi si trovassero male. I Nuvola e la Croce Rossa sono ormai una macchina rodata che all'epoca dell'emergenza Nord Africa erano riusciti a sfamare duecento persone senza troppe difficoltà. Se le Penne nere si sono occupate di fornire un piatto caldo, e la Croce Rossa di prestare le prime cure sanitarie, gli psicologi dei Popoli hanno provato a colmare il vuoto che ognuno degli eritrei ha dentro di sé. «Adesso siete al sicuro - avevano detto Squarcina e Mellarini -. Cercheremo di venire incontro alle vostre necessità».
Parole che venivano dal cuore delle autorità, ma che non devono aver rassicurato del tutto i profughi, visto che ieri pomeriggio a gruppetti hanno lasciato l'ex polveriera. Si sono allontanati senza farsi vedere, dopo aver pranzato all'interno del Centro. Nel paese di Marco nessuno li ha visti e nessuna segnalazione è arrivata all'amministrazione comunale o alle forze dell'ordine. Probabilmente hanno scelto di percorrere vie poco battute. Se ne sono andati prima ancora che gli venisse presentato il progetto di inserimento in Trentino, già messo in atto con gli arrivi dal Nord Africa di due anni fa. Allora il territorio aveva accolto 50 persone.
Chi ieri ha deciso di lasciare l'ex polveriera di sicuro non ha davanti una situazione facile: i quaranta profughi hanno ancora chiesto formalmente la protezione internazionale e in tasca non hanno alcun documento. In sostanza, per lo Stato non esistono.