Azzardo, truffa da 10mila euro ai danni del barista
Un giocatore incallito, ci si immaginava, almeno a qualcuno è fedele: a colui che gli permette, tra slot, videolottery e giochi virtuali, di passare ore nel tentativo di vincere del denaro
Un giocatore incallito, ci si immaginava, almeno a qualcuno è fedele: a colui che gli permette, tra slot, videolottery e giochi virtuali, di passare ore nel tentativo di vincere del denaro. Magari rischia di dilapidare una fortuna - se da passatempo l'amore per le macchinette diventa ossessione - magari litiga pure con i familiari.
Ma con il titolare della sala giochi di riferimento o con il barista o il tabaccaio da cui ogni giorno passa per le sue giocate, si presume che il rapporto sia idilliaco. Ma non è sempre così. Ne sa qualcosa un esercente roveretano, che si è trovato costretto a querelare un ex cliente: avrebbe trovato il modo di imbrogliarlo per non pagare le giocate. E se l'accusa reggerà all'indagine preliminare, non si può neppure parlare di spiccioli: l'ammanco è di oltre 10 mila euro. Grazie ad un giochino, per altro, che potrebbe essere stato usato anche a danno di altri.
La vicenda risale all'autunno scorso. Protagonista, un roveretano che andava a giocare regolarmente in un esercizio pubblico cittadino. Il suo passatempo preferito era il virtual Matchpoint, un gioco virtuale a cui si accede tramite schedina Sisal: si dà all'esercente la scheda compilata, che viene passata al terminale e si controlla la giocata a video. Col tempo però l'uomo si era conquistato la fiducia del titolare. Era un amico. Per questo aveva il permesso di effettuare le giocate in autonomia: solo una volta finito pagava.
Mai un sospetto aveva toccato l'esercente fino a quando ha realizzato che i conti non tornavano. Ed ha fatto una prima verifica, chiedendo alla moglie di tenere sott'occhio l'uomo. E lì è finito l'imbroglio: l'uomo è entrato una mattina di novembre, ha giocato al virtual Matchpoint, poi alla cassa ha saldato un conto da 28 euro. Peccato che le verifiche effettuate sulle schedine originali del terminale di gioco indicavano un uso corrispondente a 102 euro. Sulle prime l'uomo ha negato, parlando di un possibile errore. Poi però ha ceduto, ha ammesso l'accaduto e ha saldato l'intero importo dovuto. È stato a quel punto che l'esercente ha iniziato a fare delle verifiche attente, anche sullo storico. Ed ha capito come funzionava la presunta truffa: l'uomo azzerava il terminale di gioco, mostrando solo l'ultima giocata e pagando solo quella.
Ma ovviamente aveva un problema in caso di vincita in giocate precedenti. E quindi per incassare quelle giocate «fantasma» andava in un'altra ricevitoria, e lì riscuoteva la somma. Il gioco valeva anche al contrario: in più occasioni l'uomo si era presentato dall'esercente che ha sporto querela, per incassare somme vinte altrove. Da qui il sospetto: la truffa potrebbe coinvolgere più di un commerciante. A dirlo saranno ora le indagini.