Condannato a un anno per rapina esce dal tribunale e ruba un cellulare
Un mezz'ora dopo essere stato condannato per tentata rapina esce dal tribunale e ruba un telefonino. Detta così suona davvero come una presa in giro del sistema giudiziario. In realtà il dubbio che il protagonista di questa vicenda tanto bene non stia è venuto a tutti. Non solo al suo avvocato, che ha chiesto vengano sondate le sue capacità psichiche, ma anche al giudice Michele Cuccaro, che ha ordinato una perizia psichiatrica. E nell'attesa di capire se il giovane ci è o ci fa, come si direbbe al bar, la sicurezza della comunità è nelle mani della sua mamma, che ha accettato di tenerlo ai domiciliari.
La vicenda, come detto, è paradossale. Ed è iniziata martedì a Riva del Garda, perché lì vive il ventunenne protagonista della vicenda. Forse aveva bisogno di soldi, forse ha deciso di fare un'idiozia, comunque sia si è messo in movimento. E, nel pomeriggio, ha minacciato una ragazza: dicendo di avere un coltello con sé - che in realtà non aveva - le ha chiesto dei soldi. Lei è riuscita a sgusciare via, ma il ragazzo non si è perso d'animo, e ha forzato i finestrini di un'auto, mettendosi in tasca un bottino di qualche spicciolo. Che gli è costato più del previsto: preso dai carabinieri di Riva del Garda, è stato arrestato.
E mercoledì si è presentato davanti al giudice. L'imputazione era da spavento: il coltello non c'era ma la minaccia della violenza sì, quindi si parlava di tentata rapina, a cui si aggiungeva il danneggiamento e il furto aggravato nell'auto. Rischiava grosso, ma era chiaro a tutti che non si trattava di Al Capone. Quindi non si è andati con la mano pensante: un anno con la sospensione condizionale della pena, posto che è noto alla polizia ma è incensurato.
Ecco, di solito un passaggio in tribunale, per altro dopo una notte in cella di sicurezza, tra toghe e giudici che perentoriamente danno indicazioni e comminano pene che significano mesi quando non anni di carcere, agita quasi tutti. Se si tratta di piccoli criminali in erba, spesso li scoraggia. In questo caso evidentemente no.
Il processo per direttissima, mercoledì, è iniziato alle 11.30. Poco dopo mezzogiorno, il giovane è stato liberato. Ma non si è goduto la libertà ritrovata: non ha fatto in tempo a scendere le scale del tribunale, che gli è saltata in mente una nuova pensata.
In quel momento su corso Rosmini passava una ragazza, per altro minorenne. E lui l'ha avvicinata. Doveva chiamare la mamma, ha spiegato, ma era rimasto senza telefono. Lui ha il faccino tenero, davanti ad una mamma in pensiero si scioglie chiunque, e la ragazza era di animo gentile. Tre ingredienti che hanno fatto sì che la giovane gli consegnasse, dopo aver digitato il numero, il telefono. E lui via, di corsa. Forse inebriato dall'idea di un furto facile.
Ovvio che è finita male, per l'aspirante ladro: la giovane è corsa in commissariato, pochi metri più in là. Ha raccontato tutto, e i poliziotti della volante si sono messi in caccia. Ci hanno impiegato meno di mezz'ora a mettere le mani sul ventunenne. Che, per altro, in quei pochi minuti era riuscito a raggiungere la stazione e si era dato da fare su due auto: vetri rotti e furti ridicoli (in un caso una patente che chissà come immaginava di poter usare). La camera di sicurezza ormai la conosceva, ieri mattina è tornato davanti al giudice Michele Cuccaro.
Ma due arresti in due giorni sono troppo per chiunque: il suo avvocato ha chiesto che venisse sondata la sua capacità psichica, perché qualche problema immaginano tutti che ce l'abbia. Lo stesso giudice si è dimostrato d'accordo: già ieri affidata la perizia allo psichiatra Eraldo Mancioppi. Nell'attesa, lui starà ai domiciliari, a casa della mamma.