Addio a don Francesco, vita dedicata ai poveri
Morto a 85 anni don Malacarne, 15 alla Caritas
È spirato ieri mattina don Francesco Malacarne, sacerdote molto noto e stimato a Rovereto e in diocesi dove ha lasciato una forte impronta del suo impegno verso poveri e disagiati. Da due anni la sua salute era instabile, dopo il ricovero in ospedale di circa un anno e mezzo fa, ma è riuscito a predicare fino a due mesi fa: il suo carattere forte e il suo entusiasmo lo tenevano in piedi.
Originario di Santa Croce del Bleggio, dove era nato nel 1931, lascia due fratelli anch'essi sacerdoti, don Guido - superiore della comunità che risiede in palazzo Rosmini e che ha l'incarico di animare le celebrazioni nell'adiacente chiesetta del Loreto - e Piergiorgio, già attivo presso la diocesi del Belice, zona calda per la presenza della mafia. Docente di religione al liceo Antonio Rosmini, ha contribuito alla maturità umana prima che religiosa di tanti giovani. A scuola amava particolarmente sollecitare il dibattito, allenando lo spirito critico. In città celebrava la messa feriale in San Carlo e la messa prefestiva nella chiesetta del Suffragio al sabato sera, dove coordinava il gruppo della parola. È stato direttore della Caritas dal 1994 al 2008; prima era stato viceparroco a Cognola e parroco a Brentonico, Arco e S.Giuseppe a Trento.
«Lo conoscevo da tanti anni - dichiara il decano di Rovereto don Sergio Nicolli - e da sei anni abitava addirittura sotto di me. Aveva un forte senso di giustizia e una profonda attenzione ai poveri. Molto intelligente, era capace di rendere attuale la Parola di Dio». «La carità è la pienezza della legge: è la frase che sarà scritta sul santino - spiega il fratello don Guido -: è il motto del nostro ordine e il motto di mio fratello, che tanto si è dato da fare per i disadattati e ben se ne era accorto il vescovo Alessandro Maria Gottardi, affidandogli il compito di seguire persone con disagio psichico a Villa Argia e Villa Mecca Mori».
«Uomo tutto di un pezzo, concreto, di grande profondità culturale soprattutto cristiano-evangelica, don Francesco aveva a cuore come direttore della Caritas - ricorda Roberto Calzà, successore di don Malacarne - soprattutto i giovani; aveva come obiettivo una pastorale unitaria, che armonizzasse carità, catechesi, liturgia».
«Don Francesco ha segnato questo tempo con il suo carattere essenziale, robusto - commenta Alessandro Martinelli, direttore del centro ecumenico -. Ha saputo incarnare in prima persona quella scelta d'essenzialità caratteristica di chi non necessita d'altro, vivendola nella sobrietà della vita personale, nel rigore, talvolta estremo, delle scelte quotidiane. Ha sempre saputo presentarsi come un credente di fede robusta, centrata attorno alla Parola, mai bigotto, sincero e leale sino in fondo. Di lui ci rimarrà l'impegno, le mani callose sempre pronte a sollevare, a rimettere in ordine, ad aiutare; ci rimarrà quella voce di parole forti e chiare lettere, e la voglia di combattere contro tutte le ipocrisie».
«Persona sobria che ha chiesto molto a se stessa - rimarca Roberto Ferrari, responsabile della Caritas roveretana - ha testimoniato con la sua vita la carità». «Don Malacarne è stato l'anima dell'associazione Villa Argia - spiega l'odierno direttore Fabio Dalrì - esigente, comprendeva le situazioni e capiva i sofferenti soprattutto dopo la sua malattia». Gli fa eco il presidente Flavio Chizzola, che di don Francesco ricorda «la tenacia, la costanza, la volontà. È stato nel campo del disagio psichico - ha sottolineato - un anticipatore».
L'ultimo saluto a don Francesco domani mattina alle 10.30 in San Marco. La celebrazione sarà presieduta dal vescovo emerito don Luigi Bressan.