Autismo, la ricerca passa per Rovereto
Screening precoce, il progetto del Cimec
La ricerca sull’autismo passa anche per Rovereto. Per la precisione passa attraverso il laboratorio neonatale del Cimec (Center for Mind/Brain Sciences) dell’università di Trento, dove la ricercatrice friulana Elisa Di Giorgio sta portando avanti un progetto sullo screening precoce per neonati a rischio autismo. Lo studio è frutto di un lavoro tutto italiano del Cimec, dell’università di Padova e del Network italiano per il riconoscimento precoce dei disturbi dello spettro autistico (Dsa) e come obiettivo ultimo ha quello di individuare i segnali dell’autismo il prima possibile, in modo tale da poter intervenire quando il cervello è ancora elastico ed è possibile colmare alcune lacune.
«A Rovereto abbiamo riprodotto un laboratorio neonatale come quello che esiste a Padova» racconta Elisa Di Giorgio. «Mentre là la ricerca è focalizzata sugli studi compotamenali, qui lavoriamo sulla neuroimmagine. Ma questa collaborazione ci permette anche di avere un campione allargato perché possiamo inserire nella ricerca anche i bambini che nascono a Padova, che sono decisamente di più». Una parte del lavoro di ricerca, infatti, ha luogo proprio in ospedale, nel reparto di maternità, perché per individuare i comportamenti atipici è necessario approfondire anche quelli tipici. «Proprio per questo motivo, per portare avanti il progetto, abbiamo bisogno di analizzare anche il comportamento dei bambini sani - continua la ricercatrice -. Io del resto sono arrivata qui a Rovereto, da Padova, occupandomi di bambini sani. Poi mi è stato affidato il progetto del dottor Giorgio Vallortigara, del dipartimento di psicologia e scienze cognitive, sulle predispozioni sociali. Sto cercando di capire attraverso questo studio come funzionano quest’ultime nei bambini con o a rischio di autismo».
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Per farlo la dottoressa Di Giorgio gira l’Italia con la sua attrezzatura, indirizzata dal Network coordinato da Maria Luisa Scottoni con cui vengono a contatto tutte le famiglie con un bambino a cui viene riconosciuto il disturbo dell’autismo. «I piccoli considerati a rischio sono i figli minori di queste famiglie, a cui viene chiesto se vogliono entrare a far parte di questo screening. Di solito accettano di buon grado e noi li seguiamo nello svilulppo, per capire se quello che riscontriamo fin dai primi mesi di vita è poi correlato alla diagnosi che avviene tra i 24 ed i 36 mesi. Per raccogliere questi primi dati abbiamo impiegato due anni, ma la collaborazione che abbiamo intrapreso ci permetterà di continuare lo screening per i prossimi cinque anni».
Oltre al Cimec, Rovereto fa la sua parte in questa ricerca anche attraverso l’ospedale: ogni pomeriggio nel nido del reparto di maternità al S. Maria del Carmine ci sono due ricercatori che - dopo aver spiegato il progetto e chiesto il consenso ai genitori - sottopongono i neonati ai test di neuroimmagine. Questo perchè è ormai assodato che i neonati sani preferiscono guardare fin da piccoli gli stimoli di tipo sociale (un volto, uno sguardo) e già interpretando questo semplice gesto gli studiosi possono intercettare un eventuale disturbo, regalando tempo prezioso per poter intervenire.