Campo sportivo in Ghana e altre iniziative ricordando Andrea a 6 mesi dall'incidente
La vita di Andrea Gatti si è fermata il 7 marzo quando l'automobile che guidava è finita contro la galleria che stava percorrendo a Mezzolombardo. Aveva diciannove anni ed una passione per la cucina cresciuta assieme a lui all'istituto aberghiero e sfociata in un lavoro nelle cucine dell'hotel Sole a Fai della Paganella, verso il quale stava viaggiando quella notte.
Sono passati poco più di sei mesi dall'alba di quel giorno in cui il dolore, probabilmente il più forte che si possa provare, ha bussato alla porta della famiglia di Andrea, a Lizzanella. Ma c'era troppo entusiasmo e troppa voglia di vivere in quel giovane cuore che si è dovuto arrendere alla crudeltà di un incidente stradale perché tutta quest'energia si spegnesse.
«La tua gioia sarà la nostra forza» si sono promessi vicendevolemente mamma Selene, papà Mario ed i fratelli Elisa e Matteo.
Quel motto da qualche giorno è diventato il nome di una pagina Facebook che è una sorta di diario per raccogliere ricordi, video, foto, aneddoti.
È una delle tante inziative che in questi mesi hanno scandito gli interminabili giorni senza Andrea. Come gli appuntamenti mensili attorno alla sua tomba, dove familiari e amici si radunano per pregare, per leggere lettere indirizzate a lui, per darsi la forza l'un l'altro.
«Andrea con il suo modo di essere ha seminato grandi amicizie e noi sappiamo di non essere soli ed anche di non essere i soli a soffrire. Anche per questo cerchiamo di non essere mai compatiti» racconta mamma Selene. «Andrea manca a tanti e stare uniti nel ricordarlo ci aiuta. La nostra è una famiglia ben radicata nel tessuto sociale di Lizzanella, dove ci conoscono in tanti e dove sono le stesse associazioni a fare famiglia. A cominciare dalla banda don Giuseppe Pederzini di Lizzana, una seconda famiglia per noi».
Selene, in uno dei tanti messaggi che dedica a suo figlio, ha usato un'immagiche rende perfettamente l'idea di come si sentano dei genitori o dei fratelli quando la vita ti mette davanti ad una prova così forte. «Per quanto mi riguarda il 7 marzo sono "morta" con te e lo stesso giorno "rinata" diversa, una madre amputata delle proprie gambe. Se dovessi paragonarmi ad una nuova vita (togliendo la parte gioiosa) penso di essere arrivata a quel punto dove i bimbi iniziano quasi a stare seduti, contornata da cuscini chiamati amici e parenti, che quando perdo l'equilibrio mi evitano botte ulteriori».
È dura rialzarsi, riprendere a camminare verso la serenità. «Scrivere e cercare nella gioia che ha sempre avuto Andrea la forza per continuare è il mio modo di cercare di sopravvivere ad un evento che per una mamma è annientante - continua -. L'evento più brutto che possa capitare. Mi rendo conto anche di essere più fortunata, perchè ho altri figli. Sono uno sprono a non lasciarmi andare, perché fanno leva su quell'istinto materno che ho sempre avuto».
La linfa vitale arriva da ogni ricordo: il racconto di un amico, un video ritrovato sul telefonino, le foto di un album. «Non ho mai provato rabbia quando mi hanno detto che Andrea era morto, ma grande dolore. Mi ripetevo "Dio mio, perché mio figlio e non me?" Non un altro. Me. Poi pensando a lui ho avuto subito chiaro come volevo fosse la cerimonia d'addio: dai canti (l'inno alla gioia, wonderful world). Ho detto al parroco che non volevo un funerale con la carovana di gente disperata, perchè Andrea era un concentrato di gioia vivente. La messa deve essere un ricordo di come era lui e così è stato. Andiamo avanti cercando di tirar fuori dal dolore più profondo qualcosa che rimanga».
Quel «qualcosa» è un progetto ambizioso che sta già prendendo forma: «Abbiamo raccolto dei fondi durante il funerale di Andrea e li abbiamo consegnati alla sorella di Mario, suor Nicoletta Gatti che è suora ad Accra, in Ghana. In un villaggio a 70 chilometri dalla capitale, attraverso altre donazioni raccolte in occasione della morte di uno zio, ha già realizzato una scuola. Ora verrà costruito un campo sportivo polivalente. Daremo l'opportunità a quei ragazzi di incontrarsi per fare sport. Anche questo è un piccolo seme piantato da Andrea».
Semi che danno già i loro frutti. Come il legame tra le diverse compagnie che frequentava e che lui era riuscito ad unire. Quest'estate hanno piantato un acerto alto tre metri e mezzo nel prato del Moietto in cui campeggiavano. Lo stesso modo in cui è morto Andrea, un colpo di sonno che lo ha sorpreso alla guida, è un monito per questi ragazzi che ogni mese tornano sul cimitero con un fiore o un pensiero per lui. «Io di solito quello che scrivo tutti i mesi lo condivido con i ragazzi in questo momento - conclude mamma Selene -. Anche per offrire loro uno spunto di riflessione: Andrea è morto per una fatalità, che forse poteva essere evitata se lui avesse avuto più capacità di capire i suoi limiti.
Era stanco ma a quell'età pensi di essere invincibile. Aveva lavorato 12 ore, la notte prima non aveva dormito ma è sceso dalla Paganella per vedere gli amici. Su questo faccio leva: l'ho ricordato più di una volta a chi è diventato diciottenne ed ha preso la patente che il pericolo non è solo nel bere, ma nell'imparare a riconoscere anche i limiti umani. Magari ad ascoltare di più una mamma rompi... ».