Progetto Manifattura, posata la prima pietra
«Oggi pensiamo soprattutto a coloro che qui, nel 2008, persero il lavoro, con la chiusura della Bat (british american tobacco). Perché questo progetto è nato per dare una prospettiva di lavoro e dignità per la comunità roveretana e trentina». Mai come ieri, in occasione della posa della prima pietra al cantiere di Progetto Manifattura, il riferimento è stato al passato produttivo di quel sito. Un riferimento fatto soprattutto dal vicepresidente Alessandro Olivi, davanti a mezza Vallagarina, dal punto di vista istituzionale: sindaci attuali e passati, a evidenziare come il progetto che prende il via ora è figlio della collaborazione di tante teste, di tante amministrazioni e di tanti soggetti diversi. Su tutti, la Provincia e Trentino Sviluppo, che ieri ha potuto mostrare i gioielli di famiglia, in una presentazione nell’appena ristrutturato «magazzino botti», dove chi ha l’olfatto buono giura di sentire ancora l’odore del tabacco all’epoca stoccato lì.
Ci sono voluti 1.660 giorni, dalla pubblicazione del bando, che prevede opere per 43 milioni di euro. Ma ecco, adesso ci siamo. Il progetto di Kengo Kuma - che però non firmerà la progettazione esecutiva - ha iniziato a sorgere ieri. Per vederlo in piedi, servirà un anno e mezzo: la dead line è prevista per il 2020, ma per arrivarci la Colombo costruzioni Spa dovrà procedere a tappe forzate. Perché quella che sorgerà tra gli edifici storici della Manifattura e il torrente Leno non è una semplice fabbrica, è una cittadella industriale, che promette di ospitare il meglio dell’industria 4.0, assicura di dare lavoro, a regime, a 1.200 persone ed è certamente l’investimento industriale più importante della storia recente del Trentino. Poi toccherà riempirlo, ma questa è un’altra storia. E il presidente di Trentino Sviluppo Fabio Tosi ieri ha assicurato che «idee già ne abbiamo parecchie».
Tecnologicamente avanzato, il cantiere presenta - come hanno evidenziato i tecnici intervenuti ieri - problemi pratici estremamente complessi: l’obiettivo di Kengo Kuma era quello di realizzare un complesso ad impatto quasi zero, autonomo dal punto di vista energetico (pompe di calore che usano l’acqua di falda, pannelli fotovoltaici), ben integrato nel paesaggio, con i giardini sui tetti, sotto i quali operai, progettisti e ricercatori lavoreranno, ha osservato Olivi «secondo paradigmi lontani dalla manifattura fordista».
Indipendentemente da quanto significherà Manifattura per l’industria trentina, il maxicantiere già ora significa una sferzata d’entusiasmi (e soldi) all’edilizia trentina. «Dei 23 milioni di euro di lavori che abbiamo appaltato, 17 milioni sono andati a imprese trentine - ha annunciato Luigi Colombo, amministratore delegato della Colombo Spa - significa l’80% dei lavori. Questo è il nostro modo di lavorare ovunque andiamo, con imprese legate alle associazioni di categoria del posto».
Una presentazione che è finita direttamente sul territorio del cantiere: allo stato attuale, un mare di terra. Lì lavoreranno 30 imprese, e ci saranno periodi in cui saranno presenti, contemporaneamente, 250 persone. Si riesce ad immaginarlo. Anche perché il sedime del cantiere, a vederlo ora, è una spianata immensa, di cui si vede la fine solo perché c’è quel muro, che al termine dei lavori sarà demolito. E qui arriverà la nuova sfida, questa volta per la città. Perché se Provincia e Trentino sviluppo dovranno riempire manifattura di idee e aziende, Rovereto dovrà pensare la città, eliminando quella cesura. L’ha sottolineato anche il sindaco Francesco Valduga: «Oggi è un giorno di soddisfazione per la città, questo è un progetto strategico. E anche perché potrà proseguire la pianificazione». La Rovereto del 2020 inizia oggi.