Betania, il villaggio della solidarietà apre a Rovereto
È dal 2012, anno della firma del primo protocollo, che in Parrocchia ci credono. Ma passare da un’idea ambiziosa al punto di sembrare un sogno - il recupero di palazzo Lodron, in via Bridi, per trasformarlo in un centro polifunzionale della solidarietà - alla realtà, è stato un percorso spesso in salita. Servivano i fondi, servivano i progetti, serviva forza lavoro e pazienza. La squadra del decano don Sergio Nicolli deve aver trovato tutto questo, perché domenica 11 novembre in via Bridi si taglia il nastro.
E la cittadella della solidarietà - che sarà «battezzata» centro Betania - diventerà una realtà al servizio dei tanti disagi che quest’epoca precaria porta con sé. Perché, come spesso sottolinea appunto don Nicolli, c’è la povertà che deriva dalla crisi economica, ma c’è anche la povertà nelle relazioni umane. E per tutto serve cercare una risposta. Per lo meno, per tutto la parrocchia di San Marco, assieme a Comune di Rovereto, Comunità della Vallagarina, Azienda pubblica di servizi alla persona (Opera Armida Barelli), Caritas diocesana e Fondazione comunità solidale cercheranno di dare risposta.
La prima, per la verità, l’hanno già data. E riguarda la rigenerazione urbana: quell’edificio - un tempo palazzo Lodron e poi sede dello storico negozio di biciclette e motorini Cramerotti - era ormai diventato un rudere. Aveva un passato prestigioso, ma pur sempre rudere restava. Adesso è stato ristrutturato, con un intervento che ha sfiorato il milione e mezzo di euro (di cui 1,2 di contributo provinciale) il più possibile sobrio (materiali resistenti e fatti per durare, nessun inchino all’estetica per l’estetica). Su progetto dell’architetto Pierfrancesco Bavarelli quel palazzo è tornato a nuova vita, e nel compendio sono stati ricavati 1.200 metri quadrati destinati al sociale.
Quali funzioni, sarà illustrato nei prossimi giorni. Ma già qualcosa si può dire. Lì dovrebbero essere garantiti alcuni locali all’Opera Barelli.
Ma soprattutto lì troveranno spazio alcune funzioni che già esistono - come il negozio Altr’uso della Caritas e il laboratorio vestiti usati, il fondo di solidarietà della parrocchia - che già ha aiutato, in tempi di crisi, centinaia di famiglie - e il Cantiere della Famiglia, dove dare risposte o per lo meno ascoltare e accompagnare in un percorso di consapevolezza sia i single che le famiglie in difficoltà. Un progetto a cui la Parrocchia tiene in particolar modo e che finalmente avrà spazi più adatti.
E poi ci sono gli altri servizi, che ora non esistono, come gli alloggi d’emergenza per chi non sa dove dormire, e quelli per i richiedenti asilo.
Questa l’ossatura di un progetto che giovedì sarà illustrato nel dettaglio. Un progetto che si propone di riunire funzioni, servizi, volontariato e progettualità. E già un primo risultato l’ha ottenuto: il lavoro di squadra. Ne è servito parecchio, per arrivare fin qui. Sia per trovare le risorse per finanziarlo, sia per il cantiere vero e proprio. Al quale hanno collaborato - nel senso che si sono messi caschetti in testa, guanti alle mani e tuta da lavoro - una serie di volontari, tra cui un richiedente asilo. Perché il grosso dell’intervento andava affidato alle mani esperte di una ditta artigiana. Ma liberare dai detriti era possibile farlo anche ai non addetti ai lavori. E quindi i volontari della parrocchia si sono dati da fare. È merito anche loro se domenica si potrà festeggiare un’avventura che inizia, sotto gli occhi del vescovo Lauro Tisi, per l’occasione in città in visita al compendio. Che sarà il centro multiservizi più importante della città.