Lavini, la vecchia discarica è una "bomba" ambientale
Una bomba ambientale, fatta di copertoni, tubi, borse e plastiche varie, incombe sui Lavini, a causa di una vecchia discarica, mal bonificata, che rilascia rifiuti vecchi di quarantanni per tutto il territorio circostante. Ma dalla Provincia, che dovrebbe intervenire, non arrivano reazioni. È questo quello che è emerso qualche sera fa nel corso della riunione circoscrizionale di Lizzana, alla presenza dell'assessore all'ambiente Carlo Plotegher.
«Per la Provincia è arrivato il momento di dare delle risposte, - ha premesso l'assessore - visto che fino a oggi nessun cenno è arrivato alle note che sollecitano un intervento, inviate dal Comune a febbraio e nella scorsa settimana. Abbiamo già rimosso parte del materiale. Ma non c'è da farsi illusioni, la situazione peggiorerà. In pericolo è l'intera collettività.
Da ridiscutere è anche il costo per il conferimento, che un tempo era ridotto per Rovereto, ma oggi non lo è più».
La prima segnalazione sul rischio incombente di disastro ambientale è stata colta qualche mese fa dal presidente della circoscrizione Gianluca Bottesi, che ha compiuto un sopralluogo con il tecnico del Comune, Emiliano Boschetti. Ha chiarito Bottesi: «Le immondizie escono fuori dai fianchi della discarica, che copre un'area di quasi duecento metri. È evidente che con la pioggia e il vento la fuoriuscita di materiale altamente inquinante continuerà. Ma come facciamo se la Provincia non ci risponde?». Come si ricorderà, risale a dieci anni fa il primo No all'ampliamento di una discarica che raccoglieva i rifiuti indifferenziati di un terzo dell'ammontare complessivo di tutto il Trentino.
La prima svolta era arrivata già nella scorsa consiliatura, quando la Provincia era stata messa alle strette, per scongiurare qualsiasi ipotesi di realizzazione di nuovi scavi, per prolungare l'esistenza di un cratere ormai colmo di immondizia. In totale, al momento ci sarebbero più di due milioni di metri cubi di materiale di scarto comprendendo i tre lotti da quello cosiddetto zero fino al secondo. Per non fare che un esempio, in appena nove anni, dal 1991 al 99, l'immondezzaio ai Lavini arrivava a ingurgitare 188 tonnellate di materiale al giorno, parte del quale di tipo speciale, come quello chimico o metallurgico. Dal dibattito sviluppatosi nel corso della serata, è parso di capire che il problema sia quello di una bonifica o meglio capping compiuto in modo non corretto. Da qui la lenta fuoriuscita di plastiche e nylon, che non soltanto diventano un tappeto di immondizia, ma con il vento vengono trasportati ovunque.
«La questione è complessa - ha continuato l'assessore - per un verso bisogna rifare il cosiddetto capping. Una tecnica di copertura di questa collina di rifiuti che andrebbe completata in modo da coprire i fianchi fino in profondità, come è stato fatto nella zona del lungo Leno. Per un altro, la difficoltà maggiore è quella di recuperare i micro-rifiuti che più facilmente si spargono lontano, inquinando molto di più».