Protesta in piazza per tornare in classe: oltre 300 persone a Rovereto contro la didattica a distanza
Per la Rete nazionale scuola in presenza e il comitato trentino «la tutela della salute della comunità non si esaurisce nella battaglia al Covid-19, ma deve includere la difesa della salute psicofisica, oggi gravemente minacciata in bambini e adolescenti»
LE FOTO La manifestazione a Rovereto
ROVERETO. Circa 300 persone si sono ritrovate oggi, domenica 21 marzo, alle 15 in via Dante. Sono scesi in piazza genitori, insegnanti e studenti per chiedere la riapertura delle scuole e la ripresa delle lezioni in presenza. Organizzava il comitato trentino che fa riferimento alla Rete nazionale scuola in presenza. L'appuntamento di Rovereto era solo una delle trenta iniziative analoghe previste tra ieri e oggi in tutta Italia, da Milano a Roma, da Vicenza a Messina. E domenica prossima tocca a Trento.
«La nostra è una manifestazione autorizzata, organizzata dal comitato scuola in presenza per la Provincia autonoma di Trento» spiega su Facebook la coordinatrice del comitato trentino Laura Tondini. Il gruppo Facebook trentino per la scuola in presenza conta già circa 5.900 aderenti.
La Rete nazionale scuola in presenza, che promuove le iniziative nelle trenta città e dichiara 40mila aderenti in tutta Italia, avanza tre richieste. La prima è «rispettare l'articolo 34 della Costituzione che ci ricorda che la scuola è aperta a tutti e l'istruzione deve essere erogata in maniera uniforme».
Le istituzioni quindi si devono adoperare per mettere in atto rapidamente tutte le misure necessarie allo svolgimento delle lezioni in sicurezza e in presenza per ogni ordine e grado di istruzione. La scuola, sostengono la Rete nazionale e il comitato trentino, deve essere l'ultimo luogo a chiudere in caso di picco di contagi, non il primo. Bisogna inoltre, secondo i promotori dell'iniziativa, «rigettare l'uso prolungato e indiscriminato della didattica a distanza come strumento di insegnamento, in quanto inefficace, svilente per gli insegnanti, discriminatorio per gli studenti provenienti da famiglie fragili e lesivo nei confronti degli alunni con disabilità o difficoltà di apprendimento».
La Dad, si sostiene, è uno strumento emergenziale che deve essere utilizzato per brevi periodi. La tecnologia deve essere di supporto all'istruzione ma non può essere uno strumento sostitutivo alla scuola in presenza.
Infine, per la Rete e il comitato trentino «la tutela della salute della comunità non si esaurisce nella battaglia al Covid-19, ma deve includere la difesa della salute psicofisica, oggi gravemente minacciata in bambini e adolescenti».
Il timore è che lo stop alla scuola in presenza si prolunghi oltre l'8 aprile e per questo motivo si chiede alle istituzioni, da Roma a Trento, di ascoltare le famiglie e la società civile. La Rete scuole in presenza conta più di 20 comitati, tra cui quello trentino, e sottolinea di essere apartitica e trasversale «perché la scuola è un interesse di tutti e non ha colore».