L’albergatore Marco Zani: «Cerco cuochi da agosto, non si trovano. Tanti non vogliono più lavorare nel week end»
La questione è nota ormai e in qualche modo accomuna le piccole città alle metropoli, perché la carenza di lavoratori mette in difficoltà il settore a livello locale come nel resto del mondo
ROVERETO. Tornano anche i turisti. Tornano a popolare la città della quercia per le vacanze di Pasqua (complice il Torneo della pace) e a cancellare i ricordi della città deserta a causa della pandemia. Chi invece non è tornato, dopo questo periodo condizionato dall'emergenza sanitaria, è il personale che lavora nei ristoranti e negli alberghi. La questione è nota ormai e in qualche modo accomuna le piccole città alle metropoli, perché la carenza di lavoratori mette in difficoltà il settore a livello locale come nel resto del mondo.
Ma cosa significa per Rovereto? Un esempio lo offre uno degli alberghi simbolo della città, l'hotel Rovereto di Marco Zani. «É dall'agosto del 2021 che cerco due persone come cuoco e aiuto cuoco in cucina», racconta. «É vero che cerco persone formate, perché non ci si improvvisa cuoco o aiuto cuoco in un certo tipo di locali, se non si ha esperienza ed un certo tipo di formazione: noi in cucina facciamo lavorazioni di base. Tortelli, tortellini, pasta fatta in casa».
Ecco perché il settore dell'ospitalità è particolarmente colpito, perché ci sono figure che necessitano di una formazione particolare e che non si possono imparare dall'oggi al domani. Proprio come in un ospedale in cui mancano medici, tanto per fare un parallelo.
«E poi sempre più persone non vogliono lavorare il sabato la domenica e la sera - continua Zani -. Bisognerebbe avere il doppio del personale ma le aziende non sono abbastanza remunerative per questo, non possiamo permetterci di pagare di più. Ci sono perfino chef stellati che hanno chiuso il sabato e la domenica per permettere ai loro dipendenti di stare a casa: se questa è la strada, vorrà dire che nel fine settimana usciremo con il sacchetto da pic nic». Come detto, la questione abbraccia tutto il pianeta.
«Il problema è mondiale ma esiste anche qui - sottolinea l'albergatore -. Durante la pandemia moltissima gente ha cambiato lavoro e molti, soprattutto chi veniva dall'estero ed in particolare dall'Est Europa, è tornato a casa. Perfino un cuoco assunto ci ha lasciato: gli è scaduto il contratto durante la pandemia, eravamo chiusi ed i dipendenti in cassa integrazione, non potevamo quindi riassumere in quel momento e lui non è più tornato».
Le tipologie sono diverse: «Da chi ha scoperto che è bello stare a casa il sabato e la domenica e quindi non è più disposto a lavorare nel fine settimana, a chi ha fatto scelte di vita diverse, a chi è andato a lavorare a Londra o a New York perché stanno favorendo l'immigrazione di personale specializzato». Il rovescio della medaglia, ossia la grande richiesta di personale di sala e per la cucina, si può osservare all'istituto alberghiero.
«Io i "miei" ragazzi non li posso mica fotocopiare» commenta il dirigente della scuola di via dei Colli, Andrea Schelfi. «Ricevo richieste tutti i giorni da parte di ristoratori ed albergatori e a me spiace non poter rispondere alle richieste del settore. Tra l'altro molti dei nostri studenti quando finiscono la scuola hanno già contatti di lavoro per via dei tirocini o delle esperienze fatte negli anni degli studi. Risulta davvero difficile dunque rispondere a chi cerca personale».
L'istituto alberghiero conta quattrocento allievi. Di questi settanta sono adulti. Un centinaio sono quelli che ogni anno si diplomano, tra terzo, quarto e quinto anno negli indirizzi cucina e sala, con la possibilità di seguire il percorso per panificatori e pasticceri. Ma l'offerta quest'anno è di gran lunga minore della domanda che arriva dal settore.
«Dopo un o due anni di inattività, molte persone hanno cambiato lavoro e quindi ora che il settore si riprende manca personale. Io però non posso fare fotocopie dei miei ragazzi. Per contro chi sceglie questa scuola sa per certo che troverà lavoro».