Pensionato batte l’Inps: per 4.000 euro di reddito extra l’istituto ne chiedeva 26mila
Il giudice Cuccaro ha dato ragione all’uomo. Il protagonista della vicenda aveva lasciato il lavoro con quota 100 ma era stato richiamato per interventi speciali e aveva lavorato tre mesi e mezzo in due anni
ROVERETO. Aveva lavorato per brevi periodi (stiamo parlando di tre mesi e mezzo in poco più di un anno, dal febbraio 2022 al marzo 2023) guadagnando meno di 4mila euro. Ma l'Inps, oltre a bloccargli la pensione per alcuni mesi, gli chiedeva la restituzione di quasi 26mila euro ossia di quanto percepito, secondo l'istituto, non avendone titolo. La colpa dell'uomo? Essere andato in pensione con quota 100. La sua vicenda è finita in tribunale e il pensionato ha sconfitto l'Inps con una sentenza, quella firmata dal giudice Cuccaro, che farà discutere perché stabilisce che in caso di guadagni extra pensione ci sia semplicemente il venir meno dell'assegno Inps per il periodo in cui si è ha avuto un altro reddito. E non per l'intero anno solare.
Ma facciamo un passo indietro per ricostruire la vicenda che è stata portata in tribunale dall'avvocato dell'uomo, Francesco Saverio Dalba. Il protagonista è un tecnico specializzato che dopo lunghi anni come dipendente di un'azienda, decide di andare in pensione usufruendo di quota 100. Un paio di anno dopo il suo ex datore di lavoro gli chiede aiuto. Ci sono, in azienda, degli interventi da fare che necessitano del suo intervento, delle sue conoscenze e capacità.
Il pensionato si informa e riceve parere positivo: può tornare a lavorare per un breve periodo. In regola, tasse pagate e nessun rischio per la pensione. Dopo qualche mese arriva una seconda chiamata per sistemare un'altra piccola faccenda e il pensionato va. Lui è tranquillo, aveva ricevuto rassicurazioni sul fatto di poter prestare la sua opera "in chiaro". La sorpresa (amara) arriva nel luglio del 2023 con una lettera inviata dall'Inps.
L'istituto previdenziale chiedeva la restituzione degli assegni pensionistici che erano stati erogati a favore nell'uomo nel 2022 e nel 2023 per un totale di poco meno di 26mila euro. Al tempo stesso decideva di interrompere l'accredito della pensione per i restanti mesi del 2023.
Il pensionato cosa ha fatto? Si è rivolto al legale che ha quindi portato la questione davanti al giudice Cuccaro. Che ha deciso in favore dell'uomo - che non dovrà restituire l'intero richiesto, interpretando il concetto di "non cumulabilità" in maniera per così dire restrittiva condividendo l'orientamento già espresso dal tribunale di Torino.
In che modo? Nel senso che alla "non cumulabilità" prevista da Inps corrisponde necessariamente l'alternativa fra prestazione pensionistica e percezione di redditi da lavoro. Insomma se un mese si percepisce un'entrata extra, per quel mese non arriverà l'assegno Inps.
Quindi la decisione di Cuccaro che sentenzia che «la non cumulabilità deve essere limitata ai ratei corrisposti al ricorrente a febbraio e marzo 2022 e a gennaio, febbraio, marzo 2023 nei quali il ricorrente ha ricavato dei redditi derivanti da rapporto di lavoro dipendente». Pensione di cui invece ha diritto gli altri mesi di quei due anni.