Violenza sessuale, processo da rifare: si riapre la ferita per la ragazza che aveva denunciato
Nel capo d’imputazione manca la data in cui il reato sarebbe stato commesso. La corte d’appello rimanda gli atti in Procura. “Riportare tutto al punto di partenza è una grande sofferenza per lei - spiega Cinzia Marsilli, l'avvocato di parte civile nel procedimento - è l'ennesima vittimizzazione di questa ragazza”
TRENTO Violentata e maltrattata anche davanti ai figli
DATI Violenza sulle donne in Trentino, 650 fascicoli
ROVERETO. La violenza sessuale subita quando lei era un'adolescente. La denuncia, le ore difficili e dolorose durante le quali ha ricostruito davanti agli inquirenti quello che aveva subito. Le indagini e poi il processo di primo grado che si era concluso con la condanna di lui, giovane ma maggiorenne, a cinque anni. E ora è tutto da rifare perché nel capo d'imputazione manca la data precisa in cui il reato sarebbe stato commesso. Così ha deciso la corte d'appello di Trento restituendo gli atti alla procura di Rovereto.
Il che significa che è, come detto, tutto da rifare. E per la ragazza quella ferita nell'anima che non si era rimarginata ma che lentamente stava iniziando a fare meno male, è tornata a straziarla.
«Riportare tutto al punto di partenza è una grande sofferenza per lei - spiega Cinzia Marsilli, l'avvocato di parte civile nel procedimento - è l'ennesima vittimizzazione di questa ragazza. La sentenza non cancella il dolore che ha provato e che prova ma può servire per recuperare il senso di sé». La decisione da parte della corte d'appello è chiara ed è stata presa per salvaguardare il diritto alla difesa, che è sacrosanto.
Se l'imputato, qualsiasi imputato, non sa per quale momento deve fornire, ad esempio, un alibi, non può difendersi, il suo diritto leso. E, vista la decisione dei giudici di secondo grado, questo è quello che è successo in questa difficile e dolorosa vicenda. Mancando nel capo d'imputazione un elemento fondamentale, è tutto da rifare.
Se per la giustizia questa è la scelta giusta, per la ragazza è una coltellata. Sono passati diversi anni - perché anche qui , a volte, i tempi della giustizia si dilatano - da quando lei aveva denunciato la violenza subita. Lo aveva fatto perché voleva giustizia e anche se tacere forse sarebbe stato meno doloroso (ed è una scelta che ancora tante donne fanno) aveva deciso che lei non avrebbe fatto finta di nulla. Aveva trovato quindi la forza di presentarsi davanti agli inquirenti. Lei, adolescente, ha raccontato quello che le aveva fatto un amico, maggiorenne ma da poco. Aveva ripercorso quei momento in cui quella persona si era trasformata violandola e cambiando per sempre la sua vita. Ferendola nel corpo e nell'anima.
Al suo racconto erano seguite le indagini che avevano portato ad un capo d'accusa e quindi ad un processo in primo grado. Che, come ricordato, si era concluso con la condanna del ragazzo a cinque anni di reclusione. Quindi la decisione della difesa dell'imputato di ricorrere in appello e ora la decisione che riporta alla casella di partenza tutto. Atti nelle mani del pubblico ministero e si ricomincia da capo perché tutto quello che è stato fatto, raccolto e analizzato nel frattempo è come se fosse stato cancellato. Nulla è rimasto e tutto dovrà essere nuovamente ricostruito. E rivissuto.