Trova una gavetta della guerra fra i rottami, giunti dalla Germania a Rovereto, e rintraccia i familiari del soldato trentino
Sul pezzo di ferro c’erano nome e cognome di Rino Saltori, internato nei lager, poi scampato all’armistizio e tornato a casa. Lo storico Claudio Tonolli, che la riconosce usata come un portafiori, la restituisce ai parenti a Sardagna
ROVERETO. Era tra i rifiuti ferrosi, scaricata alla Fir di Marco di Rovereto da un camion arrivato dalla Germania. Uno scarto, dunque, buttato via chissà da chi e destinato ad essere riconvertito dall'azienda roveretana - specialista nel settore - come nuova materia prima per altre lavorazioni.
Quella gavetta consumata dal tempo, però, non è stata ignorata da Marta, una dipendente della ditta Fir, che l'ha raccolta e, incuriosita, se l'è presa con sé, portandosela a casa, a Castellano, e trasformandola in una fioriera, un riutilizzo comunque utile ancorché solamente estatico. Ed è qui, del tutto casualmente, che l'ha notata Claudio Tonolli del «Laboratorio di ricerca storica don Zanolli» di Castellano.
«Sono appassionato di storia e quella gavetta era di un soldato italiano, anzi trentino, prigioniero in Germania. C'erano nome e cognome, la data di nascita e alcune frasi incise sopra. Ho quindi avviato le ricerche per risalire ad eventuali familiari, magari qualcuno ancora in vita che avrebbe avuto piacere di tenere con sé un ricordo di un parente che si è speso per la patria».
Il contenitore per il rancio, per dire, apparteneva a Rino Sartori e, dopo un controllo tra archivi della diocesi (i più forniti di dati e alberi genealogici) e di varie associazioni Tonolli ha scoperto che il prigioniero della Seconda guerra mondiale era di Molveno.
«Mi sono subito informato attraverso il Comune e dopo qualche giorno mi hanno risposto che la famiglia di Rino Sartori si era da tempo trasferita a Sardagna, sopra Trento». E qui entrano in gioco le amicizie personali e, dopo un giro di persona in paese, Claudio Tonolli ha rintracciato i parenti del soldato Rino Sartori, che per altro era rientrato in Trentino dopo l'armistizio, salvandosi e formandosi una famiglia sua.
«Rino aveva tre figli che ora gestiscono il ristorante Posta alla Conca di Candriai». Ed è lì che si sono incontrati, la famiglia Sartori, Marta e Claudio per una informale cerimonia di restituzione della gavetta, un pezzo di ferro che ha girato per 80 anni dopo aver tenuto in vita il legittimo proprietario - che ha affidato a quel manufatto le speranze di rientrare a casa dopo la guerra - ed essere poi finito tra i rifiuti.
Le scritte incise sulla gavetta sono significative: «Mamma ritornerò. Prega per me ed attendimi», oltre a «prigioniero 9-9-43».
Rino Sartori, allora, era un ragazzo come tanti altri, spedito al fronte in quel conflitto planetario che si è portato via migliaia di giovani. Apparteneva al 4° reggimento artiglieri di Bolzano e in Germania è stato catturato e rinchiuso in un campo di concentramento. Lì ha atteso la fine delle ostilità, tra il dubbio di non tornare più nel suo Trentino e il sogno di poter, un giorno, riabbracciare l'amata madre. Ha pregato e, appunto, ha pensato alla mamma, a Molveno, che non aveva più sue notizie. E si è tenuto stretto quell'oggetto diventato una sorta di coperta di Linus ma pure un diario metallico. Che dopo la Liberazione ha girato tra una discarica e l'altra finendo in un carico di rifiuti ferrosi che, attraversando l'Europa, sono arrivati a Rovereto.
E che, per caso, è stata recuperata e restituita alla famiglia, un ricordo indelebile di un mondo fatto male, che manda gente qualunque a spararsi addosso in nome di niente.Rino Sartori, per fortuna, è stato uno di quelli che ce l'ha fatta a tornare.
Ed ora, otto decenni dopo, la sua famiglia - i gestori del Posta di Candriai - possono esporre quella gavetta che, in soldoni, vale zero ma che ha rappresentato la speranza di un uomo che la guerra non la voleva ma ci si è trovato in mezzo, con tanti altri coscritti costretti a lasciare indietro, nei propri paesi e nelle proprie città, sogni e ambizioni di gioventù. Un futuro rubato dalle armi.