Una donna lagarina scopre di essere indagata per furto, il compagno la scagiona con Facebook: è stata una sosia
Tutta la teoria dell’accusa si basava sulla somiglianza della donna ai lineamenti dell’effettiva ladra, immortalata nel fermo immagine delle telecamere di sorveglianza. Il furto è avvenuto sei anni fa al supermercato di Sant’Ilario
ROVERETO. È finita a processo per uno scambio di persona. Dovuto, attenzione, non a testimoni con la vista annebbiata, ma ad un lungo e laborioso processo di comparazione fisionomica e di morfologia facciale elaborato dagli esperti della direzione centrale della polizia criminale di Padova. A ridosso del Natale 2018, al supermercato Eurospar di Sant'Ilario pieno di clienti indaffarati per la spesa, qualcuno in coda alla cassa ha approfittato della ressa per sfilare ad una donna il portafoglio con dentro 250 euro.
Il furto è stato scoperto solo successivamente, ma quando la vittima si è accorta dell'ammanco ha allertato subito il 113, attivando la polizia di Stato. Ovviamente, la ladra aveva già preso la metaforica via del bosco disperdendo le proprie tracce. A quel punto si pensava al classico borseggio andato a buon fine, per quanto riguarda il malvivente, e rabbia per la vittima.
Il commissariato di via Sighele, però, di far passare un'altra volta sotto silenzio un furto con destrezza in una bottega di Rovereto non ne aveva per niente voglia. E così ha acquisito i filmati delle videocamere di sorveglianza del supermercato ed ha avviato le indagini. Che sono state lunghe e laboriose e, come detto, hanno coinvolto perfino il reparto speciale della polizia di Padova. Alla quale sono state spedite tre fotografie estrapolate dalla pellicola che sono state minuziosamente controllate.
L'immagine della ladra, perché di questo si tratta, è stata comparata con l'archivio dei fotosegnalati, che però ha dato esito negativo. Nel frattempo, però, nel database delle forze dell'ordine è anche finita l'immagine di una donna che aveva attivato una Sim card in un negozio di telefonia del centro città. Confrontando le facce, soprattutto sopracciglia, naso e rughe a ridosso della bocca, si è trovata una somiglianza assolutamente compatibile. Insomma, dai controlli è emerso che l'autrice del reato era quasi certamente la stessa persona che aveva comperato una scheda per il cellulare.
La questione è finita in procura, che ha completato il fascicolo, identificato la presunta ladra poi citata a giudizio per furto aggravato. E così, si è trovata a processo una signora lagarina che, a dire il vero, ha sempre negato qualunque coinvolgimento. E a scagionarla alla fine è stato il compagno, testimone che, per legge, può esimersi dal deporre proprio perché legato all'imputato e dunque, di fatto, parte in causa.
Ma l'uomo, che di mestiere fa il geometra, è invece riuscito a far assolvere la compagna. Come? «Quando è arrivata a casa la notifica della procura sono saltato sulla sedia - ha raccontato in tribunale -. Ho chiesto spiegazioni, e la mia compagna è sobbalzata, non sapeva nulla. Allora ci siamo rivolti ai carabinieri che, visto che non seguivano loro le indagini, ci hanno consigliato di andare da un avvocato». Il convivente si prende a cuore la questione. La sua amata, d'altro canto, è incensurata e, come ha ripetuto più volte al giudice, «in quel supermercato non ci siamo mai andati, abbiamo le tessere di altri negozi».
Si è così inventato detective privato. «L'avvocato ha recuperato le foto del fascicolo e, per tre mesi, ho chiesto in giro se qualcuno avesse mai visto la donna dell'immagine. Alla fine sono riuscito a scoprire il nome e cognome di una persona che abitava dalle parti di Mori e, cercando su Facebook, l'ho trovata». Ovvero, la vera presunta ladra. Peccato, però, che tutto il lavoro portato a casa dal compagno dell'imputato sia finito nel fascicolo processuale, se non ora. E tanto è bastato, quantomeno per ingenerare quel legittimo dubbio che non può certo portare ad una condanna.
La pm Cecilia Costa, in verità, ha chiesto comunque sei mesi di reclusione e 154 euro di multa con la sospensione condizionale della pena (il minimo edittale, per capirci) ma il giudice Fabio Peloso ha assolto l'imputata per non aver commesso il fatto. Si è chiuso così un curioso caso di borseggio da supermarket, avvenuto sei anni fa, risolto grazie alla vetrina in cui ognuno stende i propri panni, e che si chiama Facebook. Potere della modernità.