Elezioni / Politica

Rovereto, Robol e Lui alle grandi manovre per l'apparentamento: a chi conviene, e cosa comporta

Nel centrosinistra la mina vagante Dorigotti, contrario a ogni accordo. Nel centrodestra la tentazione di FdI di andare a votare «Giorgia»

di Matthias Pfaender

ROVERETO. Apparentamento. È su questo che stanno ragionando da domenica sera Giulia Robol e Gianpiero Lui, che si sfideranno al ballottaggio l'8 e il 9 giugno prossimi. Perché il collegamento tra le liste, se ufficiale (c'è tempo fino a mezzogiorno di sabato) ha due facce: indirizza, più o meno efficacemente, verso la propria parte i voti di quella che al primo turno era una lista avversaria; ma ha un costo, in termini di seggi da cedere ai nuovi entrati in coalizione.

È questo che Robol e Lui stanno valutando: se il gioco vale la candela.

Dall'altra parte, anche gli "sconfitti" del primo turno (analisi ridotta ad Officina Comune e Fratelli d'Italia, visto Milo Marsili si è subito chiamato fuori da ogni trattativa) devono soppesare la convenienza politica dell'eventuale apparentamento.

Officina Comune, candidando Michele Dorigotti, ha raccolto 2.247 voti, il 15,3%. Ha già tre consiglieri certi: Valduga, Vaccari (Tommaso) e Dorigotti. Se non si apparentasse, li manterrebbe, chiunque vincesse. Ma l'apparentamento con Robol, in caso di vittoria di questa, frutterebbe loro altri tre seggi: Matassoni, Pozza e Dardani.

Il ragionamento, sul piano dei numeri, è scontato: sì all'apparentamento. Ma, come già detto, Officina Comune non punta alle poltrone. Altrimenti non avrebbe rotto col resto del centrosinistra. Il movimento tiene al metodo. E per girare i suoi voti su Pd e Campobase vuole prima garanzie circa la politiche di partecipazione ed inclusione popolare nella prossima amministrazione. Dall'altra parte, Robol ragiona se vuole sostenere il costo dell'apparentamento con Officina Comune; in caso di vittoria al secondo turno con apparentamento siglato, il Pd dovrebbe cedere tre seggi, Campobase due e Rovereto Libera uno, e il "domino" dei calcoli del metodo D'Hondt porterebbe, oltre ai tre seggi in più ad Officina Comune, un seggio a Democrazia Sovrana e Popolare, che così porterebbe il Marsili in Consiglio, uno a FdI e uno anche alla lista Lui.

Se invece dovesse vincere senza apparentamento, la coalizione di centrosinistra conterebbe su 11 consiglieri per il Pd, 5 per Campobase, due per Rovereto Libera, due per AVS e uno per i Civici per l'autonomia.

Comprensibile quindi che le pressioni interne al centrosinistra per "andare da soli" siano forti. Ma Robol sa anche che i voti di Officina Comune non sono, per la maggior parte, voti d'area. Cioè non sono stati scippati al Pd. Lo "zoccolo duro" che vota dem a prescindere, ha risposto presente anche stavolta. Quelli di Officina Comune sono voti "nuovi", che i ragazzi in arancione hanno strappato dal mare del non voto elettore per elettore, in un lavoro certosino durato cinque anni. Quindi, sono anche voti "pesanti": non andrebbero per inerzia al Pd. Ma per buona parte Dorigotti e compagni possono disporne, indirizzandoli al secondo turno. E qui è tutto il dilemma di Robol.

Condizioni differenti per Lui. L'apparentamento con FdI, in caso di vittoria del centrodestra, costerebbe alle sue liste tre seggi, da rigirare al partito di Meloni. Ma la disponibilità dei voti di Fdi da parte del candidato Piccinni o del commissario Zenatti è molto più lasca rispetto a quella di Dorigotti. E in più l'8 e il 9 giugno ci sono anche le Europee, ed è solida l'ipotesi che vede gli elettori andati al seggio per spingere "Giorgia" a Bruxelles, votare anche Lui al ballottaggio, apparentamento o meno.

Non solo: anche FdI ha le sue remore verso un accordo con Lui. Non per calcolo di numero di seggi, quello converrebbe. Ma perché il rapporto recente tra FdI e Lega è più che mai travagliato. E parte della base non accetterebbe mai un accordo con chi, di fatto, ha manovrato per farli fuori.

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