Italia nostra chiede ma Pacher tace
La lettera aperta è stata consegnata un mese fa ma piazza Dante tace e Italia nostra resta in attesa. «Abbiamo scritto al presidente Alberto Pacher per renderci disponibili a un confronto con Provincia sulla opportunità di rafforzare un dialogo in sofferenza da anni, osserva l'architetto Beppo Toffolon, da pochi giorni subentrato alla guida del sodalizio ambientalista
La lettera aperta è stata consegnata un mese fa ma piazza Dante tace e Italia nostra resta in attesa. «Abbiamo scritto al presidente Alberto Pacher per renderci disponibili a un confronto con Provincia sulla opportunità di rafforzare un dialogo in sofferenza da anni, osserva l'architetto Beppo Toffolon, da pochi giorni subentrato alla guida del sodalizio ambientalista.
«Questa fase, con l'uscita di scena di Dellai, ci pare un'opportunità per tracciare un bilancio di fine legislatura e introdurre eventuali correttivi guardando al futuro. Vorremmo rendere concretamente operativi gli strumenti di partecipazione urbanistica, a cominciare dall'Osservatorio sul paesaggio e dai tavoli per i piani territoriali delle Comunità di valle. Non so perché il presidente Pacher non abbia ritenuto di risponderci; ottimisticamente mi auguro che questo silenzio sia solo un momento di riflessione, in giunta provinciale, sulle questioni che abbiamo sollevato».
Nella missiva, il direttivo di Italia nostra chiede innanzitutto «quel dialogo che negli ultimi anni è stato troppo spesso negato», come nel caso dell'inceneritore, «ostinatamente imposto come scelta tecnicamente inevitabile e indiscutibile». Poi, indica alcune tematiche che necessitano di un cambio di marcia del decisore pubblico, in un'ottica partecipativa: dal paesaggio montano compromesso nel nome del turismo al consumo di suolo con nuove urbanizzazioni che si mangiano i terreni agricoli. Altre questioni sono il ruolo dei parchi, che va rivalutato nella funzione originaria di protezione della natura, ai capitoli del clima, della mobilità e dell'energia. Sullo sfondo, a tenere insieme un po' tutto, c'è la grande questione del disegno urbanistico, del bisogno di una profonda innovazione per ripensare un modello che presenta varie criticità, non ultimo il riflesso sulle modalità di spostamento delle persone (spesso costrette all'auto privata da scelte sbagliate, per esempio, nelle collocazioni dei servizi rispetto agli insediamenti residenziali o viceversa).
Secondo Toffolon, ci può sforzare insieme, istituzioni e realtà associative, per costruire «percorsi di partecipazione che richiedono tempo e fatica ma sono in grado di generare soluzioni più consapevoli e razionali». Il presidente di Italia nostra reputa poco efficiente il metodo fin qui conosciuto nel quale prevale la prassi di audizioni sporadiche cui, però, segue in Provincia «una decisione presa in solitudine». L'alternativa prospettata è un «dialogo pubblico continuo», anche sui mass media, per far maturare un orientamento partecipato.
Per Toffolon, il «paradigma» della tendenza che ha caratterizzato l'era Dellai è il progetto Metroland (l'idea di una rete su rotaia che colleghi le valli principali con Trento e Rovereto): «È la risposta sbagliata a un problema esistente che va affrontato mettendo al centro la convergenza delle politiche urbanistiche e di quelle sulla mobilità. In questi decenni è stato creato un sistema ingestibile per il trasporto collettivo, basti pensare alle case in collina per gente che avrà il posto di lavoro molto lontano. Dovremmo concordare, almeno, su questa premessa e ragionare sul futuro, cominciando dalla soluzione dei problemi del capoluogo, dove l'80% del traffico è generato dagli spostamenti urbani. Qui il discorso è complesso e comprende il famoso progetto di bypass ferroviario; ma nel frattempo si potrebbero mettere in atto sperimentazioni, per esempio autobus navetta per consentire spostamenti rapidi dal centro a Trento nord e sud. Ma ci vorrebbe un interlocutore disposto a confrontarsi».