Redditometro, cento sospetti evasori
Sono un centinaio i casi sospetti individuati in Trentino grazie al redditometro. Si tratta di altrettanti contribuenti ai quali il fisco contesta un tenore di vita non in linea con quanto emerge dalle dichiarazioni dei redditi. In tutta Italia le verifiche di questo tipo sono state 40 mila, duecento delle quali nella nostra provincia. Dagli artigiani, intanto, arriva un attacco durissimo all'apparato: troppa burocraziaI tuoi commenti
TRENTO - Dovrebbero essere un centinaio le lettere di avviso inviate dall'Agenzia delle Entrate ad altrettanti trentini a cui il fisco contesta un tenore di vita non in linea con le loro condizioni reddituali. Sono i primi accertamenti legati al redditometro e sono relativi all'anno di imposta 2009. A livello nazionale le verifiche sono state nell'ordine delle 40.000 di cui circa 200 nella nostra provincia. E siccome alla stretta finale la contestazione verrà inviata a circa 20.000 persone, se la proporzione viene rispettata anche da noi ecco che si arriva al centinaio di contestazioni. Anche se ieri il direttore dell'Agenzia, Vincenzo Giunta, spiegava che non vi sono ancora numeri precisi.
Le situazioni prese di mira sono quelle più clamorose, dove i dati di spesa risultano abnormi rispetto al reddito dichiarato. Si parte da scostamenti superiori al 20%. Ma la verifica non si tradurrà automaticamente in una accusa di evasione. È previsto infatti un doppio contraddittorio tra fisco e contribuenti, che potranno fin dal primo incontro dimostrare che le spese sostenute sono state finanziate con redditi che l'Agenzia non conosce perché tassati alla fonte o esclusi dall'imponibile base. Se le indicazioni sono esaustive, l'attività di controllo si chiude. Altrimenti andranno valutate nel calcolo e negli accertamenti sul sospetto evasore pure le spese per beni correnti, calcolate su medie Istat.
«Il contraddittorio preventivo in questi accertamenti induttivi è indispensabile - commenta Andrea Di Francia , garante dei contribuenti - perché l'acquisizione di dati da sola non è esaustiva e il contribuente deve essere messo nelle condizioni di potersi difendere. In caso contrario a mio avviso il procedimento è nullo». Di Francia sottolinea come l'evasione fiscale debba essere combattuta in tutti i modi possibili per i danni che crea. «Ma il più delle volte - aggiunge - se viene disatteso un obbligo di informazione ciò non significa che va considerato automaticamente un caso di evasione. Non bisogna creare muri tra fisco e contribuenti».
Al di là degli accertamenti il 10 aprile (o il 21 a seconda delle tipologie di partita Iva) scatta anche il termine entro cui imprese, professionisti, commercianti e artigiani devono comunicare al fisco l'elenco delle cessioni di beni o servizi a privati cittadini di importo superiore ai 3.600 euro. È un passaggio previsto dal nuovo spesometro per creare un'anagrafe delle spese dei contribuenti e confrontarle poi con i redditi. Una procedura che si traduce però con l'ennesimo obbligo burocratico per i settori produttivi.
Roberto De Laurentis , presidente degli artigiani trentini, è durissimo: «Stato e struttura burocratica non fanno che dire di voler abbassare la burocrazia e poi la aumentano. Il fatto è che nessuno capisce che finché non c'è la possibilità di scaricare i costi veri ci sarà sempre la gente che cercherà di evadere. Si cerca di curare la malattia con le pastigliette per tenere in piedi uno Stato che è un pozzo senza fondo».
Nel caso specifico dello spesometro, secondo De Laurentis, sarebbe stato meglio adeguare gli studi di settore anziché introdurre le nuove regole di accertamento induttivo: «Anche perché non funzionano. È normale, ad esempio, che uno che fa per lavoro 75mila chilometri all'anno abbia bisogno di una macchina grossa e non per questo deve essere sospettato di evasione. Siamo alle solite, alle prese con uno Stato vorace e noi aziende siamo le mucche che continuano a mungere».