Centro sociale Bruno: tutti assolti La Provincia chiedeva i danni ma dovrà pagare le spese
I sei attivisti del Centro sociale Bruno tirati in ballo non dovranno pagare i danni per l’occupazione dell’immobile ex Dogana. Sarà invece la Provincia a dover sborsare circa 9.000 euro tra rimborsi e spese legali relative alla causa civile intentata. Lo stabilisce una sentenza del Tribunale del 31 gennaio scorso.
Il 29 luglio del 2016 la giunta provinciale aveva deciso con una delibera di chiedere un risarcimento di 119.000 euro più 1.500 euro di bolletta dell’acqua a Federico Zappini, Fabiano Malesardi, Stefano Bleggi, Maria Vittoria Cicinelli, Donatello Baldo e Milo Tamanini, ritenuti i responsabili dell’occupazione illegittima dell’edificio ex Dogana, dove dal 9 luglio del 2009 fino all’8 agosto del 2013 aveva messo su «tana» il Bruno, recuperando un’immobile da tempo dismesso e trasformandolo in un punto di riferimento per i giovani della città, con l’organizzazione di concerti, dibattiti ed eventi sempre molto partecipati.
La politica tra mille polemiche aveva sopportato, salvo riuscire nel 2013 a sgomberare il palazzo per abbatterlo facendo spazio ad un parcheggio. Qualche anno dopo però era arrivato il conto da pagare per sei attivisti, tra cui alcuni ex, del centro sociale. Il fatto è che, come aveva subito fatto notare il loro avvocato difensore Nicola Canestrini, non esisteva e non era mai esistita un’associazione, un soggetto giuridico, dietro all’occupazione e alla gestione del centro sociale.
Dunque non si capisce con quale criterio siano stati chiamati a rispondere davanti a un Tribunale sei soggetti imputando a loro i presunti danni provocati ad un bene pubblico, cioè l’immobile occupato. «L’amministrazione danneggiata - scrivono i giudici nella sentenza - non ha fornito nessuna prova nemmeno per semplici presunzioni circa la responsabilità dei convenuti per l’occupazione». Vero è che alcuni di loro avevano patteggiato in sede penale pagando una multa, ma solo per un episodio avvenuto il 14 ottobre del 2007 e non certo per l’occupazione dei mesi e degli anni successivi.
Parole chiare ma che non hanno convinto la giunta provinciale, che nella seduta di giovedì scorso ha deciso di proporre ricorso davanti alla Corte d’Appello.