Scuola, a Gardolo c'è un mondo 1.300 alunni, 30 etnie diverse
Il corso d’italiano per mamme straniere è nato qui. «Lo abbiamo “inventato” affinché venissero alle udienze. I papà sanno l’italiano più delle mamme però lavorano. Non possono venire». Il corso è tenuto da ex insegnanti in pensione, ma non solo.
L’Istituto comprensivo Trento 7 ha sede a Gardolo in via 4 novembre. Qui c’è una delle cinque scuole che lo compongono: la media Pedrolli. Le altre quattro sono le scuole elementari Pigarelli, Sant’Anna, Meano e Vigo Meano.
Trento 7 serve un bacino di 15mila abitanti. Gli alunni sono quasi 1.300 e il 30% non è di madrelingua italiana. Alle Pigarelli sono in 350 e il 50% è figlio d’immigrati. Le classi prime delle Pigarelli sono quattro: qui, i figli di immigrati sono il 70% ma la maggior parte di loro - sette su dieci - è nata in Italia.
«Butti via i numeri perché non contano. Tre anni fa, alle medie Pedrolli, in una classe ne avevo 13 su 24. Me ne accorgevo solo guardando i cognomi. Questi ragazzi sono talmente inclusi che ora, usciti dalle medie, vanno anche nei licei». La professoressa Barbara Baraldi è la coordinatrice dell’area inclusione. Mostra una foto. «Vede questo ragazzino indiano? Un fenomeno. Aveva voti altissimi. Dopo le medie è andato al liceo scientifico Galilei: ha la media del nove».
L’inclusione, prosegue Baraldi, è qualcosa in più dell’integrazione: «È lo scambio di culture». Il professor Paolo Andrea Buzzelli, dirigente scolastico dell’istituto, annuisce: «Non si cambia la società per decreto» e mentre lo dice dipinge l’aria nell’ingresso della Pedrolli con un ampio movimento del braccio. Bella frase, ci viene da pensare. «Michel Crozier, sociologo e politologo francese. Non è mia», sorride Buzzelli.
La società si cambia con l’esempio
E l’esempio è qui, in cima alla prima rampa di scale. «Nel magazzino avevamo questo rotolo enorme di carta azzurra», indica la vicepreside Maria Videsott. Come uno striscione da stadio. «Mancavano 15 giorni alla fine della scuola. Cosa ne facciamo? chiesi ai ragazzi. Ne facciamo questo, hanno risposto: gli auguri di buona estate a tutti. E si sono messi intorno al tavolone gigante a discutere, disegnare, scrivere in inglese». Non italiano. Non rumeno. Non albanese. O francese, polacco, ucraino. O magari urdu, la lingua dei pakistani. Ma inglese. La lingua degli Stati Uniti del Mondo.
Gli Stati Uniti di Trento 7 comprendono una trentina di etnie, «compresi Sinti e Rom». Gli Stati più rappresentati sono Marocco, Romania, Albania, Pakistan, Moldavia, Ucraina, Polonia, Tunisia, Algeria. Da qualche anno arrivano ragazzi del Senegal, della Nigeria, del Togo, del Burkina Faso.
La scintilla dell’inclusione scocca nei laboratori più che nelle aule. Il lavoro di gruppo, manuale, e le uscite sul territorio permettono di stare insieme e “costruire” la fiducia. «Abbiamo laboratori di falegnameria, cucina, tecnologia, legatoria», dice Buzzelli. E poi la musica: «L’orchestra della terza media ha vinto a Verona il primo premio assoluto al concorso nazionale Scuole in musica 2019. L’orchestra della seconda media ha vinto il primo premio tra i pari età», racconta Videsott.
Oltre alle vittorie c’è l’organizzazione. L’istituto organizza da anni il concorso nazionale musicale «Accordarsi è possibile». Nel 2020 andrà in scena la decima edizione. «Il concorso coinvolge una trentina di istituti e 1.500 ragazzi».
Alla scuola media Pedrolli i figli di immigrati hanno a disposizione corsi permanenti di Italiano e Lingua dello studio. «Abbiamo cominciato nel 2003 e i corsi durano tutto l’anno», spiega Baraldi. «Non tutte le scuole sono così organizzate». Ci sono corsi di primo, secondo e terzo livello. Sei ore per livello. Il corso di primo livello è per i neoarrivati, il secondo introduce alla lingua dello studio - i vocaboli specifici della matematica o delle scienze, e così via - e il terzo è dedicato esclusivamente alla lingua dello studio.
Alle elementari Pigarelli e Sant’Anna ci sono corsi permanenti di primo e secondo livello. Nella maggior parte dei casi i figli di stranieri che s’iscrivono alla prima elementare hanno fatto qui anche la scuola materna e sanno l’italiano abbastanza bene. I nuovi ingressi alle medie danno più grattacapi: i ragazzini arrivano direttamente dal Paese d’origine e non sanno per nulla l’italiano. «I primi giorni stanno zitti ma dopo tre settimane, un mese al massimo, cominciano a parlare. Soprattutto nella pausa del pranzo, nei momenti di gioco. Parlano con i compagni italiani e anche con gli adulti».
È un mestiere magico quello dell’insegnante, che vede sbocciare una creatura. E sono sfumature di personalità, sentimento, ingegno.
«Glielo avevo detto che i numeri non contano», ricomincia la professoressa Baraldi, «e aggiungo una cosa: io non ho paura di camminare a Gardolo di sera, quando è buio. Ne ho di più in alcune zone di Trento».