Voleva il 100 alla maturità, gli danno 96, e lui si rivolge al Tar e vince la causa
Il caso al Rosmini di Rovereto, con una immediata reazione «stizzita» dei docenti che rifiutano la sentenza, ma poi vengono «bastonati» dai giudici (e così la Provincia dovrà pure pagare 1500 euro)
ROVERETO. Covid, didattica a distanza, lezioni in presenza al contagocce e il rischio del metaforico «sei» politico, l'anno scorso (quello nefasto a causa del coronavirus), non hanno certo scoraggiato lo studente N.C. che, per tutto il quinquennio delle superiori, si è chinato sui libri e ha studiato con un unico obiettivo: prendere 100 alla maturità. E così, quando la commissione d'esame del liceo Rosmini l'ha «licenziato» con 96 non si è limitato a storcere il naso ma si è rivolto al Tar. Perché lui voleva il massimo dei voti e per un lustro non ha pensato ad altro.
Altro che sfiorare il top, puntava al top. Che, alla fine, ha raggiunto. Non tanto per sentenza ma per un «ripensamento coatto» degli esaminatori costretti dal tribunale regionale di giustizia amministrativa a rivedere il proprio giudizio. Con tanto di strigliata all'iniziale diniego a ritoccare il voto invocando il libero arbitrio e soprattutto l'insindacabilità del proprio operato.
Una giustificazione che il Tar non ha gradito e che ha rimandato al mittente con perdite. Perché non solo lo studente, adesso, è stato premiato col 100 ma perché la Provincia (competente sul Rosmini) dovrà pure pagare 1.500 euro. E tutto per non aver attribuito, in sede di valutazione, i cinque punti in più discrezionali.
In verità il dirigente scolastico ha provato a sostenere che la commissione ha ribadito all'unanimità il 96 visto che, a loro dire, il percorso dello studente sarebbe stato buono ma non eccellente. Ed ha pure espresso «disagio nel momento in cui il voto di una commissione d'esame non è ritenuto insindacabile» rappresentando perfino «di subire come atto di violenza l'imposizione di una qualsiasi aggiunta di punteggio».
Il Tar non ha gradito questa presa di posizione: «Quanto alla reazione, risentita e a tratti stizzita, dei docenti è appena il caso di rilevare che gli insegnanti, per il ruolo educativo e di esempio rivestito, non possono pretendere di essere legibus soluti e, quindi, di poter disattendere quelle regole che, tra l'altro, nel caso di specie essi stessi si sono dati, pur errando nella loro formulazione. In tal senso non può che essere ribadito, anche a fronte della formazione di educazione civica che nelle scuole superiori va impartita agli studenti e che è comprensiva soprattutto della conoscenza dei principi contenuti nella nostra Costituzione, che ai sensi dell'articolo 113 "contro gli atti della pubblica amministrazione", tra cui assodatamente rientrano le scuole pubbliche, "è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa" e che, per consolidata giurisprudenza in tema di pubblica istruzione, i giudizi espressi dai docenti nei confronti degli studenti sono invero connotati da discrezionalità tecnica, poiché il livello di maturità e preparazione raggiunto dai singoli alunni costituisce espressione di una valutazione che riflette le specifiche competenze del corpo docente e che è perciò insindacabile e che, peraltro, in tale contesto al giudice amministrativo compete comunque di verificare se il procedimento, a conclusione del quale tale giudizio è stato formulato, sia conforme o meno al parametro normativo, ovvero ai criteri deliberati previamente dal collegio stesso e non risulti inficiato da vizi di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti». Insomma, l'agognato 100 della maturità scientifica alla fine è arrivato, anche se con un anno di ritardo.