Circonvallazione ferroviaria di Trento, no alla Destra Adige (e ci saranno 11 edifici da demolire) – VIDEO
L’ingegner Romeo di Rfi riferisce al consigli comunale: si riuscirà a fare la galleria sotto la Marzola entro il 2026? «Sì, sono tempi sfidanti, ma realistici». Ecco la road map
TRENTO. C'è una certezza, consegnata da tre ore di primo confronto in consiglio comunale sul progetto di circonvallazione ferroviaria: il progetto è questo, quello in sinistra Adige. Punto.
«Si può fare un altro tracciato? No. Non prendiamo in giro nessuno» dice l'ingegner Raffaele De Col, che partecipa al posto del presidente della Provincia, Fugatti. «Pensare ad altri tracciati significa riparlarne fra trent'anni, non fare l'opera. Si può migliorare il tracciato? Sì, siamo in fase preliminare» aggiunge il responsabile delle grandi opere della Provincia. E il sindaco, che si era assentato per un'emergenza, ne trae la conclusione: «Il progetto è questo (quello di 12 km sotto la collina est, dall'ex Scalo Filzi ad Acquaviva, ndr). La fantomatica ipotesi in destra Adige non c'è. Serve ora una città determinata, esigente, lo diciamo a Rfi, per migliorare il progetto».
La seduta straordinaria del consiglio, aperta da Paola Firmi, commissario straordinario per le tratte tra Fortezza e Verona del Corridoio del Brennero, cui partecipa anche il responsabile del progetto, l'ingegner Giuseppe Romeo di Rfi, serve anche a chiarire l'iter autorizzativo («ci vorranno 5-6 mesi» dice Romeo), dopo il passaggio presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici. Prima, però, il nodo della destra Adige.
Tocca a De Col, supportato dall'ingegner Laura Pretto, ricostruire l'iter che portò la Provincia, nel 2003, ad accantonare l'ipotesi di tracciato originariamente previsto, da Rfi, dalla Rotaliana a Mori: 41 km, di cui 32 in galleria, con i primi 8 a cielo aperto nel tratto di Nave S. Rocco e l'Adige superato in due punti con un viadotto di 2,5 km. Troppe le criticità. Troppe le interferenze con i sistemi acquiferi che alimentano le sorgenti ad uso potabile.
Le stesse ragioni, dirà poi De Col , che hanno portato ad accantonare l'ipotesi di bypassare in galleria Rovereto scavando sotto il Monte Zugna. «Ci fu anche il parere negativo di tutti i territori, compreso Trento per non essere bypassato» ricorda De Col «parlarne ora è antistorico».
Ci saranno, ora, 45 giorni per progettare il dibattito pubblico, poi 45 giorni di confronto. «Iter veloce, senza sacrificare nulla in partecipazione e dialogo» ripete Romeo «e il dialogo non si esaurirà in fase progettuale, ma su tutto - vibrazioni, bonifiche aree inquinate di Trento nord, sorgenti, rumore e smaltimento materiale di scavo - continuerà in corso d'opera».
Sono 41 le domande, puntuali, poste dai consiglieri a De Col e Romeo. L'impegno assunto ieri è di dare a ciascuna risposta scritta. Ad una, posta da Andrea Merler, risponde il dirigente di Rfi, senza dare dettagli sugli espropri «per rispetto delle persone coinvolte». «Sono 11 gli immobili oggetto di demolizione» chiarisce Romeo «di cui tre residenziali. Le altre costruzioni, da non demolire, saranno oggetto di monitoraggio in fase realizzativa».
C'è anche la domanda che sale dalle Circoscrizioni, Gardolo e Centro storico-Piedicastello, di prolungare l'interramento dei binari (saranno 6 in luogo dei 3 attuali) verso nord. Risponde Romeo: «Il possibile prolungamento a nord è condizionato da norme tecniche ferroviarie, da livellette e distanze da bivi, da limiti di contesto, dalle interferenze con la viabilità. Non dico che non si può fare, ma serve un'analisi puntuale».
Quanto ai tempi, al completare l'opera entro il 2026 pena la perdita di 960 milioni di finanziamento del Pnrr, Romeo dice convinto che non è una mission impossible: «Sono tempi sfidanti, 3 anni e 8 mesi. Ma sono tempi realistici sulla base dei dati più aggiornati sull'avanzamento degli scavi». E l'assessore Ezio Facchin sintetizza: «Persone, aree inquinate e tempi sono le tre criticità per realizzare il progetto, non certo la gestione di 2 milioni di m3 di materiale o il problema delle vibrazioni».
LA VIDEOINCHIESTA: I PROBLEMI A TRENTO SUD