L'energia sotto i piedi, Marcello Pegoretti: «Così scaldo la mia casa, non capisco perché mendichiamo gas»
Dal 2007 l’imprenditore trentino usa la pompa di calore per lo scambio termico con il sottosuolo. E dice: “Prendiamo esempio dalla Svizzera”
LA GIUNTA Aiuto per pagare le bollette elettriche senza distinzione di reddito
INFLAZIONE Trentino Alto Adige, i prezzi sono sempre più alti
GARDOLO. «Non capisco perché si vada mendicando gas, energia fossile inquinante, quando abbiamo l'energia, il calore per scaldare le nostre case, sotto i piedi». In una battuta, Marcello Pegoretti racchiude una scelta di vita. Pegoretti è un anziano imprenditore che vive a Gardolo, in via Sant'Anna, ai piedi del percorso della Via Crucis.
È stato fondatore e titolare, fino al 2012, quando si è ritirato in pensione e l'ha ceduta, della Elettropiemme di Spini: impianti elettrici, fotovoltaico, automazione, piccole centraline idroelettriche, «realizzate» ricorda «con la collaborazione dell'ingegner Giulio Dolzani».
Il calore sotto i piedi si chiama geotermia. Si sfrutta il gradiente termico attraverso una pompa di calore. «Il concetto» dice Pegoretti «è semplice. Tutti noi, in casa, abbiamo una pompa di calore: il frigorifero, oppure il condizionatore per il raffrescamento. Anche se non ce ne accorgiamo, il frigo scalda la cucina, più grande per volumi. Io non faccio altro, con un buco profondo 120 metri sotto casa, che estrarre il calore del terreno e portarlo nell'edificio».
Nella saletta dove arrivano i due tubi in plastica c'è la pompa di calore, collegata al boiler che poi alimenta i radiatori di ogni stanza. A fianco, c'è anche il boiler servito dall'impianto del solare termico sul tetto. La pompa di calore utilizza l'energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici: 8 kW di potenza installati nel 2007, quando Pegoretti decise di rivoluzionare i consumi energetici e liberarsi del gas metano.
«Il risultato è che, avendo eliminato la caldaia a gas, sfruttando il calore del sottosuolo risparmio l'82,8% dell'energia. E, oltre che risparmiare in bolletta, non inquino. Ho chiamato il modello casaAstuta».
Com'è nata l'idea, Pegoretti?
«Ero, e sono, impressionato dall'aumento della temperatura del globo e dal fatto che ancora si punti sul gas, anche in Trentino dove si vuole investire nell'ampliamento della rete. Prima, dipendevo al 100% dal metano. Oggi, il 20% è energia elettrica, per la maggior parte prodotta dal fotovoltaico, per far girare la pompa di calore, e l'80% è calore del terreno: energia gratuita e permanente».
Qual è stato il risparmio?
«Per il riscaldamento, da 145,9 a 25,1 kWh al metro quadro in un anno».
E i costi della trivella?
«Cinquanta euro al metro... Ma oggi, con gli ecobonus, nessuno dovrebbe spaventarsi per lo scavo del pozzetto. Soprattutto, va considerato che in 15 anni, le tecnologie delle pompe di calore sono migliorate, al punto che fino a certe altitudini, è sufficiente lo scambio con l'aria esterna, senza la necessità di trivellare. Ho visto i dati relativi a tre pompe di calore, per tre edifici, a Susà, Cles e Revò, quest'ultima geotermica, le prime due ad aria. Il Cop (coefficiente di prestazione) di quelle ad aria si avvicina molto a quella con le sonde geotermiche».
Quali ostacoli ci sono alla diffusione di tali impianti?
«Il primo ostacolo è la mentalità, l'ignoranza. Eppure, gli esempi ci sono: impianti con pompe di calore geotermiche riscaldano, a Trento, lo studentato di Sanbapolis e il centro Vigilianum della diocesi. E pure il rifugio La Roda, in cima alla Paganella, con la geotermia ha eliminato le taniche di gasolio che venivano portate in quota con la seggiovia. A Madonna di Campiglio, l'ingegner Schiavon scalda un intero albergo con le sonde geotermiche».
Nel suo caso, nemmeno è stato necessario realizzare il riscaldamento a pavimento…
«No. Avendo realizzato, con il cappotto, un buon isolamento dell'edificio, abbiamo potuto mantenere il vecchio sistema con i radiatori».
Nel 2016, la Provincia, con Fbk e l'Università di Padova, ha prodotto il "Progetto Geoterm", che ha misurato le potenzialità del territorio trentino per la diffusione di impianti di scambio termico con il sottosuolo accoppiati a pompe di calore…
«È uno studio molto interessante e utile. Il problema è che non lo conosce nessuno! È paradossale, perché proprio la stessa Provincia punta invece a metanizzare altri 47 comuni. La geotermia non è la soluzione, ma può contribuire ad un mix di soluzioni, come l'utilizzo delle biomasse, per liberarci dalle fonti fossili. Il Trentino potrebbe essere come una piccola Svizzera, Paese dove le pompe geotermiche sono diffusissime».