«Il cantiere del bypass ferroviario è in forte ritardo e ora si accelera, ma le analisi dei terreni vanno fatte prima di scavare»
Il movimento no tav va all'attacco dopo l'inizio dei lavori preliminari, Bonfanti: «A Rfi non conviene attendere le verifiche, perché potrebbero arrivare ulteriori ritardi, visto che si prevede di attraversare una montagna fragile geologicamente come la Marzola e aree pesantemente inquinate come ex Sloi e Carbochimica»
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TRENTO. Tra l'attraversamento dei terreni inquinati e le difficoltà della paleofrana della Marzola, Rfi ha capito che i lavori saranno complessi abbastanza da non permettere il rispetto dei tempi previsti dal Pnrr. Per questo non vogliono fare le analisi ambientali.
È senza appello l'analisi che fa il movimento No Tav. Che ha pochi dubbi: impossibile rispettare il termine del 2026. L'avvio dei lavori, secondo Elio Bonfanti, già evidenzia i ritardi in partenza.
«L'operazione ha innanzitutto una funzione propagandistica - scrive Bonfanti - è pensata per dire ai cittadini contrari all'opera ed a quelli che ritengono che la stessa non sia realizzabile nei tempi del Pnrr (ovvero già fruibile nel giugno 2026) che non c'è più nulla da fare, nel tentativo di mettere tutti di fronte al fatto compiuto della ineluttabilità di una mezza circonvallazione ferroviaria che creerà, probabilmente per un decennio, pesantissimi disagi alla città oltre che pesanti dissesti ambientali. È bene dire subito che l'opera è in forte ritardo ed altro ne sta accumulando in questi giorni».
Il cantiere è stato consegnato al consorzio Tridentum il 5 marzo, all'epoca ipotizzando 1278 giorni di lavori. Significa settembre 2026: «Quattro mesi dopo il termine perentorio stabilito dall'Europa per le opere Pnrr».
Un problema, quello dello sforamento dei tempi, perché i fondi sono strettamente connessi al rispetto delle scadenze. Ecco perché - questo il ragionamento di Bonfanti - non si accelera sulle analisi. Perché da quelle potrebbe arrivare evidenza di ulteriori ritardi quasi certi, che potrebbero già ora certificare il mancato rispetto dei tempi previsti.
«Giorno dopo giorno diviene sempre più chiaro che Rfi sta forzando la mano per cercare di togliere di mezzo qualsiasi controllo ambientale nella realizzazione di quest'opera, avendo intuito che la scelta di transitare attraverso una montagna fragile geologicamente come la Marzola e attraverso aree pesantemente inquinate come quelle della ex Sloi e della ex Carbochimica, rende impossibile il rispetto dei tempi del Pnrr, salvo la totale deroga circa le prescrizioni ambientali. Sono in ritardo e lo sanno e cercano di trasformare questa loro evidente debolezza in pressione perché avvenga anche a Trento quanto pare stia avvenendo per un'altra delle grandi opere del Pnrr, la diga Foranea di Genova».
Ma perché le analisi sono importanti adesso? Perché, osservano i No Tav, l'ha prescritto la Commissione Pnrr Pniec, che ha chiesto la caratterizzazione dei terreni movimentati ante operam e prima della progettazione esecutiva. E mentre si chiamano in ballo l'Appa e la Provincia che devono vigilare, si fa notare che «fino a qualche giorno fa la documentazione della avvenuta ottemperanza alle prescrizioni non risulta essere arrivata alla commissione tecnica Pnrr Pniec, e fino a quando le caratterizzazioni non saranno effettuate non è possibile che arrivi».
A chiedere la caratterizzazione ante operam, ribadisce il fronte No Tav è stato anche il Parlamento. Eppure non se ne parla ancora. Perché, conclude Bonfanti - non è interesse di Tridentum arrivare alla caratterizzazione di quelle aree ante operam. «La "non conoscenza" attraverso atti documentati dello stato di inquinamento sotto i binari potrebbe costruire in futuro una "riserva" da far valere sia per giustificare il non rispetto dei tempi dell'opera, scaricando sullo Stato o sulle Comunità locali la perdita parziale o totale del finanziamento e la sospensione di lavori in assenza di finanziamento, sia un ulteriore aumento, molto significativo, dei costi dell'opera».
Chiede più trasparenza anche il Comitato Mobilità sostenibile, che invita a convocare l'Osservatorio nazionale e che ha fatto istanza di accesso al piano di fattibilità tecnico economica plus: «Tale documentazione non è stata resa pubblica. Il nostro Comitato ha prontamente inviato un accesso agli atti al comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici e una esplicita richiesta a Rfi per conoscere il contenuto di tale addendum Pfte+ - evidenziano i due portavoce Ezio Viglietti e Pina Lopardo - Il Comitato speciale ha risposto subito dicendo che tale documentazione non è pervenuta. Mentre Rfi finora non ci ha inoltrato nessuna risposta. Tali comportamenti, con la presenza delle ruspe e specialmente quando sono iniziati i lavori di abbattimento degli immobili nella zona nord di Trento e preparatori a Mattarello, sono preoccupanti e denotano una mancanza di responsabilità nei confronti dei cittadini di Trento, che devono subirli».
Il Comitato contesta la scarsa trasparenza, ma annuncia la propria presenza alla prossima riunione dell'Osservatorio ambientale e per la sicurezza del lavoro, «per essere informato sulle risposte alle 32 domande già poste nel dossier e per conoscere come sono state recepite le 266 prescrizioni e raccomandazioni del Pfte e come lo saranno nel progetto definitivo-esecutivo che il Consorzio Tridentum dovrà rendere pubblico».
Serve però, osserva il Comitato, cambiare approccio: «la negazione a prescindere delle richieste e con la comunicazione asimmetrica, cioè costituita solo della trasmissione dall'alto in basso delle informazioni (infopoint) non sarà possibile proseguire un'interlocuzione seria».