Tutta Ala piange il suo Agostino Trainotti morto a 69 anni
Si è addormentato mercoledì mattina, piegato da una malattia che ha affrontato con dignità e a viso aperto. E in serata si è spento per sempre. Attorniato dalla moglie Annalisa e dai figli Irene e Enrico e in casa sua, nella sua Marani. In quell'edificio a cui è sempre stato legato e in cui in queste ore è stata allestita la camera ardente. Se n'è andato così, a 69 anni, Agostino Trainotti. Quello che fu il sindaco più giovane della storia del Trentino, se n'è andato che ragazzino non era più, ma comunque troppo presto. Di cose da fare ne avrebbe avute altre. Da dire, ancora di più. E dopo aver interpretato forse il meglio della sua generazione politica, ora raccoglie il tributo di quella generazione e di quella che ha seguito. «Un intellettuale vero, al servizio della comunità, critico e insieme fiducioso nelle potenzialità dell'uomo», sintetizza Mario Cossali, con lui a scuola, ai tempi del Rosmini. E con lui - prima su opposte barricate, poi sulle medesime - protagonista di più di una stagione politica.
Agostino Trainotti è stato due volte sindaco di Ala, assessore comprensoriale, membro del Cda della nascente Trentino Servizi (poi Dolomiti Energia), tra i primi sostenitori della Margherita, consigliere della Rsa Vannetti, membro del consiglio pastorale, insegnante. Ma mai come nel suo caso, non sono né le cariche pubbliche, né i successi, a definirne la personalità, l'impegno e il percorso di vita. Agostino Trainotti non ce l'ha avuta facile. Almeno non all'inizio. Figlio di una famiglia semplice, è rimasto senza il papà che non aveva compiuto i 12 anni. E a quell'epoca, partendo da premesse così, l'esistenza era in salita. Lui si è incamminato. Per studiare serviva guadagnarsi borse di studio e presalari. Li ha presi. Passato dal convitto Silvio Pellico - quando era un'istituzione - ha frequentato il ginnasio ad Ala, poi il liceo classico al Rosmini, poi l'università, con il sostegno del collegio don Mazza di Padova. Laurea in ingegneria. Che lui ha declinato subito in due delle passioni di una vita: l'insegnamento - al Marconi - e l'informatica. Disciplina all'epoca praticamente sconosciuta, l'ha abbracciata, l'ha studiata, ha contribuito a divulgarla. Suoi - e dell'allora preside Robol - gli sforzi per «inventare» i corsi di informatica all'Iti. Perché è stato insegnante non solo per professione. Per abito mentale. E chi gli parlava aveva spesso la sensazione di aver imparato qualche cosa, alla fine del discorso.
E poi c'è la vita pubblica. Quella in cui si è speso, e quella che gli ha dato tanto soddisfazioni, quanto delusioni cocenti, raccolte sempre con il sorriso di chi fa finta di farsele scivolare addosso. Giovanissimo innamorato della politica, iniziò nella Dc di allora. Che ad Ala significava confrontarsi con gente come Renzo Simonetti, Renzo Zendri, Luciano Azzolini (e prima ancora il papà), Mario Azzolini. Era la Dc dell'epoca d'oro, in cui si dovevano temere, più che gli avversari, i compagni di partito, divisi in correnti e pronti, se serve, a causare una crisi di giunta. Trainotti è diventato sindaco a 26 anni. E ha interpretato il mandato e con l'entusiasmo dei 26 anni. L'hanno fatto inciampare, sull'urbanistica. Perché all'epoca era un altro mondo, con poche regole. Niente Prg, c'era il piano di fabbrica e nemmeno ovunque. Lui ha chiarito un dettaglio: se si volevano costruire nuovi edifici, serviva un piano di lottizzazione, servivano oneri di urbanizzazione, servivano regole. Ad Ala non tutti l'hanno presa bene. La giunta è caduta - ed è arrivato un commissario - e lui si è trovato con le viti tranciate. Perché il Trentino della retorica moderna, civile e rispettoso, è nato l'altro ieri.
In municipio - dopo la parentesi da assessore dell'allora comprensorio C10 guidato da Guglielmo Valduga - tornò qualche anno più tardi, nel 1991. Elezioni amministrative ad Ala, la Dc che sfondò il 50%. E un testa a testa tra lui e Tiziano Mellarini - li separava un pugno di voti, in favore di Trainotti - che si risolse con Agostino sindaco e Mellarini assessore alle attività economiche, in una giunta con i socialisti di Primo Vicentini (vicesindaco) e poi - dopo l'ennesimo rimpasto - il Pc di Giorgio Deimichei. E proprio Mellarini è stato tra i primi, ieri, a ricordare Trainotti, con un lungo comunicato. «In Agostino si trovavano quelle caratteristiche che portano a riproporre fiducia in una persona e a dare forza alle sue idee. Di grande intelligenza e capacità programmatoria, interpretava i bisogni della comunità con competenza, equilibrio e responsbilità sempre perseguendo il bene comune - scrive Mellarini - Agostino si distinse per l'acutezza e per la lucidità con cui osservava e interpretava i fatti che accadevano. Sono certo che figure come la sua non saranno dimenticate e avranno un giusto e crescente riconoscimento proprio per la competenza e sensibilità con cui hanno sempre accompagnato il loro impegno e il loro comportamento a favore della comunità».
Dopo il Comune, come detto, i vari incarichi. Tutti svolti con lo stesso stile. Pontiere, più che falco. Pronto alla mediazione, non alla rottura. Era, soprattutto, un uomo per cui la politica non era solo voti o cariche pubbliche. Era impegno quotidiano, magari piccolo: il consiglio pastorale, il coordinamento delle catechiste, pure il consorzio irriguo. Ovunque con lo stesso impegno, perché non faceva differenza: tutto era parte del medesimo approccio alla vita. Più noi che io. E sempre ispirato da una fede che praticava e di cui parlava volentieri, se ne aveva occasione. Perché, soprattutto, amava la gente, e amava il confronto. Con la capacità di rapportarsi a qualsiasi interlocutore che aveva davanti, con un rispetto quasi palpabile. Annientando le differenze, se c'erano. Forse era empatia. O più ancora era una curiosità viva per il pensiero altrui. Dalla discussione teologica a quella su come potare le vigne, lui era avido di sapere e di capire. «Agostino Trainotti era inserito nel tessuto sociale come protagonista, fu due volte sindaco della sua bella Ala, anche se spesso non fu compreso, partendo dai suoi sodali democristiani - ricorda ora Mario Cossali - Non cessò mai di studiare, di approfondire. Non si accontentava mai della prima spiegazione dei problemi, voleva andare a fondo e, fedele allo spirito scientifico, non approdava mai a conclusioni definitive, pronto a ripartire con la ricerca».
Se ne va, lasciandosi dietro una traccia. E tanta nostalgia in chi l'ha conosciuto. «Perdo un amico - osserva Primo Vicentini - talvolta un avversario politico, più spesso un maestro». Perché sì: da Agostino si imparava. E non solo in classe.