La Sat caccia i gestori del rifugio Filzi sul Finonchio

Il rifugio Filzi sul monte Finonchio, a partire da maggio, sarà «occupato». I gestori - Alberto Giovannini e la moglie Monica - non hanno alcuna intenzione di abbandonarlo dopo il benservito arrivato dalla Sat. E lo scontro tra la Società degli alpinisti tridentini e la coppia mantovana, che dal 2014 ha preso in mano le redini della struttura rilanciandola dopo periodi bui, si sposta inevitabilmente a palazzo di giustizia. Perché i Giovannini, che non accettano un «licenziamento» orale ma pretendono una lettera scritta, hanno messo il caso nelle mani di un avvocato e, annunciano, «ce ne andremo solo se sarà un giudice a ordinarlo».
 
Alla base del contenzioso ci sarebbe una questione economica, con la Sat che ha rialzato il prezzo di affitto e i gestori che ritengono eccessive le pretese economiche per tenere aperto il Filzi, «penalizzato - spiega Alberto Giovannini - dalla massiccia presenza di antenne che hanno allontanato la famiglie con bambini per paura dell’inquinamento elettromagnetico».
 
La società di via Manci, dopo aver comunicato a voce la fine del rapporto, ieri ha liquidato la vicenda con un comunicato: «La Sat sede centrale, in accordo e su richiesta della sezione Sat di Rovereto, comunica che è stata data la disdetta ai gestori del rifugio Finonchio. A causa di insanabili contrasti che in questi mesi hanno caratterizzato il rapporto con i rifugisti la gestione della struttura da parte degli attuali conduttori si interromperà alla fine del mese di aprile. Il rifugio rimane comunque aperto fino al 30 aprile, mentre per mercoledì 2 maggio è prevista la consegna delle chiavi da parte dei gestori».
 
Insomma, rapporto troncato di netto ma unilateralmente. Tant’è che i gestori, dopo aver chiesto invano una nota scritta, hanno deciso di fare causa alla Sat e, appunto, resistere restando a presidiare il Filzi. «Purtroppo i dissapori sono legati ai soldi. - spiega Giovannini - Non c’è alcun motivo, men che meno scritto da loro, per andare via dal Finonchio. Io sono gestore dal 2014, dopo la ristrutturazione, e già nel novembre 2015 la Sat mi ha mandato la disdetta dal contratto. A quel punto ho pagato l’aumento d’affitto pattuito e tutto si è sistemato. Adesso, però, sono tornati alla carica, sembra la catena di Sant’Antonio. Ma, ripeto, non mi è arrivata alcuna richiesta scritta, sono semplicemente stato convocato in sede e mi è stato prospettato il raddoppio dell’affitto in due anni. Ma così è impossibile starci dentro perché, pur essendo un rifugio facilmente raggiungibile, ci sono tutte quelle antenne che sono un deterrente».
 
Chi credeva in un cambio di gestione imposto dal modo di gestire si sbaglia di grosso. «Non è così, chi ci frequenta è contento. Il motivo sono i soldi. Sul Finonchio si lavora tre mesi all’anno e non possiamo certo lavorare per pagare l’affitto. Tantopiù che per offrire un servizio teniamo aperto il sabato e la domenica tutto l’anno e la strada di 5 chilometri l’abbiamo sistemata a spese nostre».
 
Ma perché allora questo scontro? «Perché ho chiesto formalmente alla Sat che mi scrivesse per Pec e la risposta è stata che non fa richieste per iscritto. Da qui la disdetta a voce ed io che, per cautelarmi, sono andato da un avvocato».
Alberto Giovannini, comunque, si dice disponibile a trattare: «Siamo pronti a riconoscere un giusto aumento adeguato alla situazione ma non il doppio».
 
E quindi? «Rimango al rifugio. Se poi il giudice stabilirà che devo andare via vado. Ora parleranno gli avvocati. Ma questa cosa non deve passare sotto silenzio, la farò diventare un caso nazionale parlando al presidente del Cai»

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