Al volante con il telefonino Impugna la multa e il giudice la raddoppia
La parola del vigile urbano vale di più di quella del cittadino. Un assioma ribadito dal giudice di pace Paola Facchini che ha confermato una multa, raddoppiandola, ad una moriana che si è vista bastonare per posta dalla polizia locale della borgata.
La questione è delicata perché non si tratta solo della contravvenzione, e dunque dei soldi da versare al Comune, ma anche della sospensione della patente di guida che dà notevolmente fastidio. Tantopiù che, nel caso in questione, l’automobilista si è scontrata con un’efficienza dell’ente pubblico assolutamente sconosciuta nel Bel Paese. Perché a notare che la signora, forse, stava armeggiando con il cellulare mentre era alla guida (e tra l’altro incolonnata e quindi con un’andatura di marcia paragonabille al passo d’uomo) è stata un vigile urbano occupato in quel momento con ben altre mansioni: far attraversare gli alunni delle scuole elementari.
La multa, come detto, l’ha recapitata a casa il postino e già questo ha indispettito la conducente della macchina che tutti i giorni, da anni, percorre la ex statale rivana per recarsi al lavoro. Quella mattina però, erano le 7.30, è risultata speciale e, soprattutto, negativa. Perché l’agente della polizia locale impegnato nell’assicurare l’attraversamento della strada degli alunni ha avuto l’occhio lungo. In base al rapporto consegnato al comando, infatti, avrebbe notato la donna - che, come detto, stava «camminando» con la propria vettura in fila indiana al rallentatore come tutte le mattine feriali - armeggiare con il telefonino.
Non potendo assentarsi dal «posto di lavoro» (era a presidio delle «zebre» in orario scolastico), l’agente ha annotato il numero di targa e la pratica ha seguito il suo iter. Qualche mese dopo, infatti, a casa di S. M. S. (queste le iniziali della conducente) è arrivata una raccomandata con tanto di sanzione amministrativa. La donna, ovviamente, ha impugnato la multa trascinando la questione davanti al giudice di pace.
E sostenendo che mai utilizza il cellulare mentre è seduta al volante e che, se il vigile davvero fosse stato convinto di averla notata mentre scriveva un messaggio a chicchessia, avrebbe avuto tutto il tempo a disposizione per fermarla e controllare sul display eventuali chiamate o messaggi in arrivo o in uscita. Cosa che, ovviamente, non è avvenuta.
Perché il verbalizzante ha ripetuto in aula che mai avrebbe potuto assentarsi visto che il suo compito, quella mattina come molte altre, era quello di garantire l’accesso alla scuola elementare ed evitare quindi potenziali investimenti degli scolari. Però, questa la tesi della difesa, ha avuto il tempo per scorgere dentro un abitacolo una signora al volante intenta a gigioneggiare con lo smartphone.
Il giudice di pace, come detto, ha rimandato al mittente le tesi difensive e ha tenuto per buono il verbale della polizia locale.
«Il verbale di contravvenzione - si legge in sentenza - fa fede di quanto gli agenti dichiarano essere avvenuto in loro presenza. Nello specifico vista la posizione in cui si trovava l’agente (statica in corrispondenza dell’attraversamento pedonale) pur essendo intenta a controllare il passaggio degli scolari ben poteva essere in grado di porre attenzione al flusso veicolare che scorreva con rallentamenti visto il traffico intenso e la presenza delle strisce.
La descrizione precisa della conducente e delle modalità dell’uso del cellulare fanno ritenere del tutto verosimile l’accertamento. L’agente ha infatti confermato di essersi accorta che la conducente di un’utilitaria metallizzata chiara teneva il cellulare con la mano destra intenta a guardare il display. In particolare la teste ricorda le fattezze della conducente. Trovandosi vicino al posto di controllo, consentendo quindi alla stessa di prendere visione con sufficiente precisione delle caratteristiche somatiche della conducente e delle modalità d’uso del cellulare, e considerati gli elementi di individuazione forniti dall’agente e l’assenza di altri elementi contrastanti il verbale dovrà essere confermato in quanto legittimo».