Valdastico, la Corte dei conti chiede i danni: stangata da 178 milioni. "Non si impongono opere ai territori"
La magistratura contabile presenta un maxi conto agli ex vertici dell'Anas per la mancata realizzazione della Valdastico nord tra il Veneto e il Trentino: la richiesta è di 178 milioni di euro.
Nel mirino della Corte dei Conti del Lazio, competente per territorio perché l'Anas ha sede a Roma, c'è la proroga della concessione all'Autostrada Brescia-Padova, controllata via via nel tempo da Banca Intesa, Atlantia-Benetton, la spagnola Abertis oggi in mano alla stessa Atlantia. Una proroga concessa dall'Anas senza andare a gara come prescrivono le norme europee, con la giustificazione che si sarebbero dovuti avviare i lavori per la nuova tratta autostradale. Lavori mai fatti e che, afferma il pm della Corte dei Conti Massimo Perin, non si faranno mai perché non si può imporre un'opera pubblica senza il consenso dei territori.
Nei registri dei magistrati romani sono finiti l'ex numero uno di Anas Pietro Ciucci e gli ex amministratori Enrico Della Gatta, Eugenio Pinto, Sergio Scicchitano e Umberto Siola. Il giudizio è previsto entro l'anno o ai primi del 2022. L'inchiesta era partita da un esposto del senatore di Forza Italia Lucio Malan. Nel settembre 2019 (l'Adige del 6 settembre 2019) la procura della Corte dei Conti, nell'invito a dedurre, aveva ipotizzato un danno erariale pari a 594 milioni di euro, cioè in pratica il valore della concessione prorogata. «Abbiamo un po' ridotto la somma - spiega il viceprocuratore generale del Lazio Perin - alla luce delle memorie difensive e facendo una valutazione equitativa, valutando quello che è stato tratto come effettiva utilità dalla concessione e dai mancati lavori».
Ora l'indagine, condotta da Perin insieme al Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza, è arrivata all'atto di citazione in giudizio. «Appare solare - scrivono in esso i magistrati contabili - la carenza di giustificazione di una procedura di proroga» della concessione A4. «Si ritiene che si siano determinati effetti patrimoniali negativi e quindi danni all'erario pubblico, discendenti dalla complessiva operazione di proroga di concessione autostradale posta in essere».«Il concessionario ha promesso lavori che non sono stati fatti e che non si faranno mai - sottolinea Perin - I territori hanno fatto ricorso al Tar e al Consiglio di Stato e li hanno vinti. Non si può imporre un'opera pubblica senza il consenso dei territori».
In queste iniziative sono stati in prima fila soprattutto il Comitato No alla Valdastico e il Comune di Besenello.«Il trattato Ue - ricorda Perin - prevede la gara pubblica per le concessioni. La proroga di una concessione in essere viene eccezionalmente concessa solo se vengono avviati lavori importanti, in modo che il concessionario possa rientrare dall'investimento in un certo numero di anni. Nel caso specifico però i lavori non sono stati fatti. Un caso identico alla Valdastico è quello dell'autostrada Civitavecchia-Grosseto per la quale la Corte di giustizia Ue ha condannato l'Italia ad una sanzione».La responsabilità è stata individuata nei vertici di allora dell'Anas perché furono loro i concedenti e quindi il danno erariale è stato prodotto dall'azienda pubblica. I concessionari ne hanno tuttavia approfittato. «L'autostrada Brescia-Padova è fra i tratti più redditizi d'Italia - rimarca il magistrato contabile - Tutto questo lavoro di approfondimento nasce dalla relazione della Corte dei Conti sulla gestione e le inefficienze della rete autostradale, in cui si sottolineano i rischi di casi come quelli del ponte Morandi a Genova per la carenza di manutenzioni».