Cellulare sequestrato in aula, il papà querela la scuola. Il presidente dei presidi trentini: “Serve più dialogo”
Paolo Pendenza: “Gli smartphone non vanno sempre demonizzati, ma vanno rispettate le regole interne di ogni istituto. Dispiace quando in situazioni come queste ci si rivolge troppo affrettatamente ai giudici o si minaccino denunce”
IL SONDAGGIO Tutti dalla parte della preside
IL PARERE Niente cellulari in classe, studenti scettici
LO STOP Circolare del ministero, basta cellulari a scuola
TRENTO. Grande eco sulle cronache nazionali, con tanto di presa di posizione da parte del capogruppo in Commissione Cultura alla Camera, il deputato leghista Rossano Sasso, per il caso del padre di un ragazzino di una scuola media lagarina che ha querelato la scuola perché a suo figlio è stato sequestrato il cellulare. Il provvedimento adottato perché il telefono aveva iniziato a squillare nel bel mezzo di una lezione.
Il padre però sostiene che il cellulare andava sequestrato sì, ma riconsegnato alla fine della lezione. Invece l'insegnante del caso - come da regolamento di istituto - lo ha portato alla preside. La quale poi, al momento della riconsegna del dispositivo ai genitori del ragazzino, non sarebbe stata presente in istituto. Il che, dato che tutto è accaduto di venerdì, ha obbligato la famiglia ad aspettare fino a lunedì per riprendere finalmente il dispositivo.
L'attesa imprevista e la convinzione di aver subito un'ingiustizia hanno indotto il padre a intraprendere le vie legali, denunciando docente e preside. Rossano Sasso ha commentato che una solida alleanza scuola-famiglia «è indispensabile per il bene della nostra comunità scolastica e dei nostri figli».
Posizione peraltro da sempre sostenuta anche da Paolo Pendenza, dirigente del Liceo Rosmini e presidente dell'associazione nazionale presidi per il Trentino. In più occasioni il dirigente ha affermato che «un sano e proficuo rapporto scuola-famiglia si basa necessariamente sul dialogo, sull'ascolto reciproco e il confronto costruttivo, soprattutto di fronte alle difficoltà».
«L'obiettivo della scuola è innanzitutto educativo. Certamente nessuno mira a creare difficoltà di comunicazione tra figli e genitori» commenta Pendenza.
"Ho sentito la collega dirigente della scuola in questione che, di fronte all'accaduto, ha tempestivamente avvisato i genitori del ragazzino, informandoli del ritiro del cellulare. L'idea era quella di avere un colloquio con almeno uno dei genitori, per spiegare la situazione in un'ottica di collaborazione e di educazione. Da parte della collega c'è assoluta disponibilità a portare avanti un dialogo e un confronto con i genitori e credo che questa sia la modalità più costruttiva anche rispetto alla crescita del ragazzo”.
In ogni scuola esiste un regolamento che disciplina, tra l'altro, l'uso dei dispositivo come cellulari, tablet, pc personali. Viene condiviso in apertura dell'anno scolastico con gli studenti e con le famiglie, in modo trasparente. Una sorta di patto educativo che regolamenta anche l'uso del telefono a scuola.
“Certamente - prosegue Pendenza - il regolamento esiste in tutte le scuole. Aggiungo che i cellulari si possono comunque utilizzare da un punto di vista didattico, naturalmente con il consenso dei docenti, oppure fuori dall'attività didattica curricolare. Il mio punto di vista - conclude - è che non bisogna demonizzare i cellulari, mini pc utili alla didattica, ma il loro uso deve essere responsabile. Nel momento in cui i genitori iscrivono i figli a scuola ne accettano anche il regolamento, quindi se la dirigente del caso in questione lo fa rispettare non credo vada condannata”.
”Soprattutto credo che il rapporto tra scuola e genitori si collochi all'interno di un'alleanza educativa finalizzata a far crescere lo studente e la sua consapevolezza, nel rispetto delle minime regole necessarie a scuola. Dispiace quando in situazioni come queste ci si rivolge troppo affrettatamente ai giudici o si minaccino denunce. Perché non si ha neanche il tempo e il modo di approfondire il dialogo scuola-famiglia, essenziale per un percorso educativo che sia efficace. Va incoraggiato il dialogo, occorre parlare di più per chiarire ambiguità e malitensi. L'obiettivo per noi e per i genitori è lo stesso: la crescita serena dei ragazzi”.