Uccide un gallo forcello e va dai forestali: «È stato un mio errore». Ma scatta la denuncia
Un esperto cacciatore della valle dei Laghi ha spiegato che a trarlo in inganno è stato il piumaggio dell'esemplare femmina in questione, più scuro di quello solito, tale da farlo sembrare un maschio la cui caccia è consentita. Il gesto di trasparenza, però, non è bastato a evitare pesanti conseguenze
TRENTO - Cacciatore da 60 anni (ottenne il permesso nel 1965), mai una violazione alla disciplina venatoria, ha sparato per errore ad una femmina di gallo forcello, specie protetta. L'uomo, un pensionato della valle dei Laghi, si è autodenunciato, ma non è bastato questo suo gesto di trasparenza a salvarlo da pesanti conseguenze.
Innanzitutto è scattata una denuncia penale, come atto dovuto trattandosi dell'uccisione di un esemplare di specie selvatica protetta; la Provincia gli ha poi sospeso il permesso di caccia. L'episodio si è verificato nell'ottobre scorso e da allora l'uomo ha appeso al chiodo il fucile.
Fino a quando non potrà cacciare? La risposta la darà il giudice civile, a cui il cacciatore si è rivolto chiedendo di poter tornare in possesso della licenza. Il rischio, se si attende la fine del procedimento penale, è che possa passare anche un anno e mezzo.
A trarre in inganno l'uomo, come lui stesso ha spiegato attraverso una memoria, sarebbe stato il piumaggio dell'esemplare femmina ucciso per errore, più scuro di quello solito, tale da farlo sembrare un esemplare maschio la cui caccia è consentita. Qui nella foto, a destra un gallo forcello femmina e a sinistra un maschio.
«Alla luce del mattino e dalla distanza a cui si trovava - spiega l'avvocata Erica Vicentini, che assiste il cacciatore - l'animale era apparso nero, fulvo. Non sembrava il manto grigio che caratterizza la femmina». Quel giorno l'uomo era a caccia assieme al suo cane; il gallo forcello si intravedeva fra i mughi. Presa la mira e recuperato l'animale morto, si è subito accorto dell'errore. Anziché far finta di nulla, si è rivolto agli uomini della Forestale spiegando l'accaduto e cercando di capire come avrebbe potuto rimediare. Ma le norme sono tassative: è partito un procedimento penale e, sul fronte amministrativo, il permesso di caccia è stato ritirato. Alla Provincia l'uomo ha fatto pervenire le proprie osservazioni difensive: non ha mai negato l'accaduto, ma ha spiegato la sua assoluta buona fede e gli elementi di luogo e di tempo che lo avevano tratto in inganno.
La legge provinciale sulla caccia, come ricorda l'avvocata Vicentini, prevede la non applicazione della sospensione del permesso di caccia nel caso in cui sia lo stesso trasgressore a comunicare spontaneamente la violazione commessa.
Sul fronte penale, gli accertamenti sono in corso: il reato contestato, ossia l'abbattimento di una spese protetta, prevede l'arresto o un'ammenda fino a 4mila euro, ma il procedimento potrebbe essere estinto con una oblazione. Domani invece è fissata l'udienza davanti al giudice civile. La richiesta è che la sospensione del permesso di caccia a tempo indeterminato venga attentamente valutata dal giudice civile e rivista: il cacciatore si è detto disponibile ad offrire una somma all'ente che il tribunale vorrà indicare, come ristoro dell'offesa arrecata.