Colle San Biagio Il progetto fa discutere
Colle San Biagio. Tre parole che nell’ultimo mese sono al centro dell’attenzione dei cittadini di Levico di ogni età: giovani e meno giovani discutono ovunque del progetto presentato da un’Azienda Agricola di 33 soci per la realizzazione di una bio-fattoria con risvolto sociale e della coltura delle più disparate varietà di piante biologiche sul Colle dell’Eremita.
Focus anche sulla prima adozione della variate al Piano regolatore generale (Prg) approvata dalla maggioranza del consiglio comunale dell’8 settembre che consente di «modificare» i vincoli dettati dalla classificazione dell’area come zona verde pubblico con vincolo archeologico: vi «è ammessa la costruzione di ricoveri attrezzi e di locali legati alla manutenzione del verde con un indice di fabbricabilità pari a 0,01» come si legge nello stesso Prg.
Si è mossa anche la Consulta Lago, che da regolamento deve esprimere un parere con carattere non vincolante sulla variante, promuovendo su richiesta dei residenti un incontro informativo per conoscere le specifiche del progetto, chiarire piccoli dubbi e poter valutare al meglio pro e contro.
In sala Dario Gottardi, presidente dell’Azienda Agricola Colle San Biagio, Licia Pirazzi e Cecilia Gabrielli, gli amministratori e molti cittadini che nel corso della serata hanno dimostrato molto interesse per il futuro della collina sollevando anche qualche criticità.
«La serata serve proprio per fare luce sul progetto - ha detto la vicesindaco Laura Fraizingher - e per presentare l’attività agricola particolare che l’Azienda ha intenzione di svolgere; i lavori sono già partiti con la pulizia del terreno privato dalle piante infestanti per replicare il Rastel di Pergine. Nell’accordo abbiamo posto dei vincoli sulle altezze massime consentite (5 metri) e sulle cubature di costruzioni (3.000 metri cubi interrati e 3.000 in superficie)».
Ma per i cittadini presenti i vincoli posti dall’accordo pubblico-privato non bastano a spiegare le dimensioni del progetto e le sue potenzialità future e nemmeno sono sufficienti per garantire la tutela ambientale di cui quel luogo, da sempre immagine di riflessione e tranquillità, ha bisogno.
«Finché non c’è chiarezza il progetto non può andare avanti; gli incontri e l’informazione con i cittadini e le categorie andavano fatti prima di partire e portare l’argomento all’attenzione del consiglio comunale» si dice in sala. Impensieriti i levicensi anche per «i ritrovamenti archeologici che sono stati rilevati ma poi ricoperti: abbiamo sempre saputo che la collina è un grande patrimonio storico-archeologico e in prossimità della Chiesetta erano stati trovati resti di scheletri: non approfondire serve alla comunità?».
Nessuno dei presenti ha avuto da ridire sulla bontà del progetto: molti dei dubbi sollevati riguardavano invece la localizzazione dell’Azienda e il timore che i servizi da essa erogati per i soggetti svantaggiati vadano a sovrapporsi con altri già presenti sul territorio come il centro Don Ziglio, i servizi per i minori e svariati progetti per i disoccupati: alla domanda «ai cittadini piace questo progetto?» la risposta che ha accomunato gran parte dei presenti è stata «sì, bellissimo il progetto ma San Biagio non è il posto giusto dove edificare questa struttura. Il terreno sarà anche privato ma si trova sul nostro territorio».
Perplessità anche sull’approccio economico finanziario del progetto che, ha detto Gottardi, costerà alla Società negli anni «circa 2 milioni e mezzo di investimenti oltre alla spesa iniziale di acquisto dei terreni di 250 mila euro, più 70 mila di pulizia e mantenimento del parco pubblico ogni anno».
Ai rappresentanti della consulta, che dovranno confrontarsi con i cittadini e fare da tramite con l’amministrazione, l’ardua sentenza: progetto San Biagio promosso o bocciato?